Plutone e Proserpina di Andrea Appiani

Il neoclassicismo di Andrea Appiani fu lo stile ufficiale della Milano francese. Plutone e Proserpina si ispirò al mito classico che venne utilizzato per decorare residenze private e le sedi del potere di Napoleone.

Andrea Appiani, Plutone e Proserpina, 1801, rame/ pittura a olio, 23 x 38 cm. Milano, Galleria d’Arte Moderna

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Indice

Interpretazioni e simbologia di Plutone e Proserpina di Andrea Appiani

Andrea Appiani raffigura il rapimento di Proserpina da parte di Plutone. Il mito viene anche indicato come Ratto di Proserpina e fu interpretato da Gian Lorenzo Bernini con un celebre gruppo marmoreo. Dante Gabriel Rossetti dipinse, invece, un ritratto preraffaellita della dea. Proserpina è la versione romana della dea Persefone. La dea era figlia di Cerere e fu rapita da Plutone re dell’ade per farne la sua regina. Il dio sorprese Proserpina sulle rive del lago Pergusa a Enna e la trascinò, quindi, negli inferi sopra ad una biga trainata da quattro cavalli neri. Appiani dipinge l’episodio mitologico ponendo, così, la biga dorata su di una grande nube. Altre nuvole e un brano di cielo avvolgono la scena. Plutone trattiene Proserpina che tenta di liberarsi mentre un putto guida le briglie dei quattro cavalli lanciati nella corsa.

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Andrea Appiani iniziò la sua fortunata carriera con l’arrivo di Napoleone a Milano. Assunse importanti incarichi per decorare le sedi dell’apparato di governo della Repubblica Cisalpina. Lo stile ufficiale di Napoleone era quello Neoclassico come evidente nei vari ritratti che l’imperatore si fece realizzare da David e dallo stesso Appiani. L’artista nel dipingere Plutone e Proserpina utilizzò uno stile realistico scenicamente movimentato, lontano dalle fredde rappresentazioni del mito di David, dipinte per divulgare le idee della rivoluzione.

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Lo stile di Plutone e Proserpina di Andrea Appiani

Il colore che ricopre l’intero dipinto è tendente all’ocra, con varianti negli incarnati e sulle nubi. Maggiore vivacità è riservata al mantello rosso di Plutone dall’incarnato scuro. Un piccolissimo brano di cielo azzurro si intravede a destra. In basso le nubi coprono la superficie blu del lago di Pergusa e la terra che gli dei si lasciano alle spalle. Davanti a loro si spalanca il buio terreo degli inferi, infatti, la corsa dei cavalli procede verso il basso. Lo spazio è limitato ad una specie di palcoscenico di nubi mentre la composizione è condizionata dalla forma ovale del dipinto.

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