San Sebastiano di Guido Reni del 1640

Il San Sebastiano, che Guido Reni realizzò pochi anni prima della morte, per molto tempo fu considerato un’opera affrettata. In realtà, recenti restauri hanno permesso di verificare il vero valore dell’opera.

Guido Reni, San Sebastiano, 1640 ca., olio su tela, 235,5 x 137 cm. Bologna, Pinacoteca Nazionale

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Guido Reni, titolo, 1615, olio su tela, 127 x 92 cm. Genova, Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso Consulta la pagina dedicata al dipinto di Guido Reni, Titolo, sul sito del Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso di Genova

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Indice

Descrizione di San Sebastiano di Guido Reni del 1640

San Sebastiano è legato all’albero in attesa dell’esecuzione della condanna. Il Santo, infatti, è destinato ad essere trafitto dalle frecce dei soldati romani fino a sopraggiunta morte. Il corpo di San Sebastiano è nudo, coperto solo da un panno arrotolato intorno ai fianchi che copre il pube. La posizione del giovane è particolarmente statuaria. Le mani sono legate dietro la schiena e ancorate al tronco. La gamba sinistra è distesa mentre la destra flessa, con il piede appoggiato su di una roccia. Il busto è posto di tre quarti, rispetto al piano dell’opera, come il bacino. Il volto, invece, è ruotato con lo sguardo puntato in alto. San Sebastiano ha un’espressione di sofferenza estatica. Con gli occhi cerca un contatto con Dio e nello stesso tempo sembra in estasi, indifferente al martirio.

L’ambiente naturale nel quale si svolge la scena del martirio è povero e spoglio. In primo piano, infatti, il Santo poggia su dei sassi tra i quali spuntano degli alberelli stentati. Il cielo è scuro e attraversato da nubi ampie e vaporose.

Interpretazioni e simbologia di San Sebastiano di Guido Reni del 1640

San Sebastiano fu un militare romano nato circa nel 256 d.C., a Narbona, e morto martire a Roma nel 287-288 d. C. Secondo alcuni storici, invece, martirizzato nel 304 d.C. Il Santuario principale riservato al Santo è la Basilica di San Sebastiano fuori le mura a Roma. Nel tempo la sua protezione fu invocata contro la peste. Fu ucciso dalle frecce dei soldati romani, quindi, solitamente, gli artisti lo rappresentano legato ad un tronco o ad una colonna e trafitto. Più anticamente, veniva rappresentato con la figura di una mosca che si credeva portatrice del morbo.

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Il San Sebastiano ospite della Pinacoteca Nazionale di Bologna proviene dalla sagrestia del San Salvatore.

L’artista e la società. La storia dell’opera

Guido Reni è considerato uno dei più rappresentativi artisti del Seicento e il più importante artista del periodo operante a Bologna. Fu, infatti, in questa città che nacque nel 1575. Suo primo maestro, nel 1585, fu Denijs Calvaert un pittore fiammingo ma, determinante, fu l’adesione all’Accademia degli Incamminati dei Carracci.

Annibale, Agostino e il cugino Ludovico si opposero decisamente al Manierismo toscano e fiorentino del tardo Cinquecento, considerato, ormai, un vuoto esercizio di stile. Intorno al 1582 i Carracci fondarono, così, l’Accademia del disegno che dal 1590 prese il nome di Accademia degli Incamminati.

Guido Reni fu presso di loro dal 1594 condividendo l’esperienza con il Domenichino e Francesco Albani. Nel 1598 l’artista, però, entrò in aperto contrasto con Ludovico Carracci e iniziò, quindi, ad operare individualmente. Da questo momento la sua fortuna crebbe e dal 1601 operò spesso a Roma, invitato dal cardinale Sfrondato, per tornare nel 1614 a Bologna. Fu anche presente a Napoli dove, secondo il suo biografo, Malvasia, subì l’ostilità dei pittori napoletani. Tornò a Roma nel 1621 e nel 1627.

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Lo stile di San Sebastiano di Guido Reni del 1640

Lo stile classico, attento ad ogni aspetto della composizione che caratterizzò l’opera di Guido Reni, negli ultimi anni di vita venne meno. In alcuni casi, gli storici, già a partire dal Malvasia suo biografo, attribuiscono questa su approssimazione alla salute dell’artista. Infatti pare che Guido Reni soffrisse di depressione, condizione che lo portò ad affrettare la conclusione di alcune opere. In qualche caso fu la morte dell’artista a non permettere il debito compimento dei dipinti.

Il San Sebastiano, proveniente dalla Sagrestia di San Salvatore, è indicata dal biografo Malvasia, come un’opera della piena maturità. È, infatti, datata 1640, due anni prima della sua morte. Il dipinto pare abbozzato frettolosamente con una trama di pennellate larghe e non amalgamate per creare una superficie pittorica sfumata. Il paesaggio è privo di particolari e sommariamente definito mentre la figura di San Sebastiano è costruita con ampie zone di incarnato non pienamente sfumate. In seguito al restauro, realizzato negli anni Cinquanta del Novecento, il dipinto, però, è risultato più curato.

Il colore e l’illuminazione

Il colore principale, che copre la maggior parte della superficie dipinta, è un grigio scuro con viraggi in verde-bruno, in primo piano, e blu-violetto, sullo sfondo. Grazie a questo fondo scuro la figura di San Sebastiano, colorata in ocra chiaro, emerge in modo quasi ritagliato. L’illuminazione è ideale poiché la luce investe San Sebastiano scolpendo perfettamente ogni parte visibile del suo corpo. Rimangono in ombra alcune piccole zone sul suo lato destro e parte delle gambe. Un alone, infine, circonda la figura del martire creando un’aureola molto leggera e impalpabile intorno al viso. Lo stesso tipo di articolazione figura-sfondo, creato con un forte contrasto chiaroscurale, si ritrova nel dipinto Atalanta e Ippomene.

Lo spazio

Lo spazio nel quale la scena si compie non si avvale di una costruzione geometrica e lineare. Intanto, la particolare illuminazione contrae lo spazio scenico sulla figura di Guido Reni, come su di un palcoscenico buio. Poi, il paesaggio è poco dettagliato e si vengono a definire il primo piano e lo sfondo, senza passaggi intermedi apprezzabili.

La composizione e l’inquadratura

L’inquadratura è verticale e racchiude la figura del Santo in modo da creare una cornice scura che permette di isolarla dal contesto ambientale e porla in evidenza. Il corpo di San Sebastiano è stato organizzato intorno ad una linea elegante e sinuosa, a forma di S, che sale in alto. Parte dal piede sinistro, appoggiato al suolo, e percorre, quindi, centralmente il suo corpo, fino ad arrivare allo sguardo.

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