San Bernardino da Siena che salva la città di Carpi di Ludovico Carracci di Notre-Dame

San Bernardino da Siena che salva la città di Carpi di Ludovico Carracci è l’ultimo dipinto del maestro, ora esposto nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi.

Ludovico Carracci, San Bernardino da Siena che salva la città di Carpi, 1619, olio su tela, 225 x 195 cm. Parigi, cattedrale di Notre-Dame

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Indice

Descrizione del dipinto San Bernardino da Siena che salva la città di Carpi di Ludovico Carracci di Notre-Dame

San Bernardino da Siena salva i cittadini di Carpi dall’esercito aggressore. Il Santo si trova in piedi a destra. Indossa un ampio saio, è scalzo ed è accompagnato da un suo confratello. L’aspetto di San Bernardino è quello di un uomo molto anziano. Infatti, il suo viso è scavato e solcato da rughe profonde. I capelli sono radi e bianchi e tagliati secondo i dettami dell’ordine. A sinistra sono dipinti due soldati armati di picca e difesi da pesanti armature. Inoltre, in secondo piano, in basso, vi sono altri soldati che avanzano.

Interpretazioni e simbologia di San Bernardino da Siena che salva la città di Carpi di Ludovico Carracci di Notre-Dame

Bernardino da Siena si chiamava in realtà Bernardino degli Albizzeschi. Nacque a Massa Marittima nel 1380 e morì a L’Aquila nel 1444. Fu un appartenente all’Ordine dei Frati Minori ed è ricordato per la sua attività di teologo. Divenne Santo nel 1450 su proclamazione di papa Niccolò V. In seguito alla sua consacrazione si impegnò a predicare nell’attuale territorio dell’Italia settentrionale. Gli storici ritengono che San Bernardino abbia introdotto il Cristogramma JHS entrato a far parte dell’iconografia artistica.

Secondo la tradizione popolare San Bernardino da Siena giunse a Carpi nel 1427 sostando presso i Conventuali di San Francesco e famiglia dei nobili Bellentani. Il Santo compì quindi dei prodigi tra i quali la difesa della città dall’aggressione di un esercito nemico. Inoltre nel corso dell’Ottocento fu spesso invocato contro pestilenze e battaglie. La città di Carpi celebra così il suo patrono il 20 maggio di ogni anno. I cittadini di Carpi sono molto orgogliosi del dipinto di Ludovico Carracci che in qualche modo li rappresenta in ambito internazionale.

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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione

Il dipinto, in origine, si trovava nella Chiesa di San Bartolomeo a Carpi. San Bernardino che salva la città di Carpi fu commissionato a Ludovico Carracci dalla confraternita di San Bernardino che è il patrono della città. Il duca di Modena Alfonso IV apprezzò a tal punto l’opera che la acquistò dalla Compagnia. Offrì infatti una somma di denaro molto alta e il dipinto fu sostituito con una copia di un artista fiammingo. L’opera diventò così parte delle collezioni del duca ed esposta nella sua galleria. Durante l’occupazione di Napoleone, nel 1796, però i francesi trasferirono San Bernardino che salva la città di Carpi a Parigi. Lo stesso destino seguì anche La Pala di Giobbe di Guido Reni anch’essa esposta nella cattedrale di Notre Dame di Parigi.

Secondo gli storici verso il 1802 i funzionari collocarono l’opera di Ludovico Carracci sulle pareti della cappella della torre nord. Con la restaurazione, nel 1815, le opere esposte presso i musei e le chiese rimasero però in Francia. San Bernardino che salva la città di Carpi da allora è quindi una proprietà francese. La Pala di Ludovico Carracci è tornata a Carpi nel 2010 in occasione di una mostra sul Seicento allestita presso Palazzo Pio.

Il dipinto si trovava all’interno della cattedrale di Notre-Dame di Parigi durante il tragico incendio scoppiato alle 18.20 del 15 aprile 2019. Nella stessa struttura si trovava anche la Pala di Giobbe di Guido Reni, allievo dell’artista.

Bibliografia

Brogi A., Ludovico Carracci (1555-1619), 2001, v. I pp. 240-241

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Consulta anche l’articolo intitolato: La scheda per l’analisi dell’opera d’arte.

Consulta la pagina dedicata al dipinto di Ludovico Carracci, San Bernardino da Siena che salva la città di Carpi, sul sito della cattedrale di Notre-Dame di Parigi e sul sito della Fondazione Zeri.

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