La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico

La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico fu commissionato dal noto gallerista Léonce Rosenberg per il suo appartamento di Parigi.

Giorgio de Chirico, La scuola dei gladiatori: il combattimento, 1928, olio su tela, 160 x 240 cm. Milano, Casa Museo Boschi di Stefano

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Indice

Descrizione de La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico

La scena di combattimento dipinta da Giorgio de Chirico è ambientata in una stanza della quale si vede solo la parete di fondo, quella di destra con una finestra, una parte del soffitto e il pavimento. Una modanatura di stucco bianco separa la parete dal soffitto. I gladiatori nudi sono ammassati e si affrontano direttamente alzando le mani che stringono i pugnali, tra lance rivolte verso l’alto e scudi. Alcuni hanno il viso privo di connotati, come manichini, altri invece giacciono a terra privi di vita. Nella confusione emergono le teste dei cavalli che nitriscono terrorizzati. Un cavallo avanza da sinistra con in sella un gladiatore che colpisce un altro uomo con un pugnale. Un altro si trova invece a destra, atterrato mentre di un terzo si vede solo la testa sul fondo.

Interpretazioni e simbologia de La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico

All’epoca della realizzazione de La scuola dei gladiatori: il combattimento a Parigi si era diffusa la moda di organizzare lotte tra moderni gladiatori nei parchi della città. I parigini infatti partecipavano con entusiamo a questi eventi. Però, l’opera di De Chirico fu interpretata come l’esaltazione della romanità, che al tempo era una priorità propagandistica del regime fascista italiano. Per questo a Parigi il dipinto non fu particolarmente apprezzato. I curatori della Casa Museo Boschi di Stefano, dove si trova il dipinto, interpretano invece la scena come una critica nei confronti della forza bruta celebrata nei combattimenti dell’Antica Roma. A sostegno di questa tesi, gli esperti indicano la gracilità dei corpi dei lottatori.

La nudità dei gladiatori rimanda quindi al mondo dell’Antica Grecia come le loro teste con i capelli ricci, acconciati alla maniera delle statue tardo-classiche che raffigurano dei ed eroi. Invece la scena d’insieme ricorda i rilievi che decorano le pareti dei sarcofagi romani dove si vedono scene affollate di combattimenti.

Gli storici si sono interrogati inoltre sul perché de Chirico abbia ambientato la scena di combattimento all’interno di una stanza. Secondo alcune interpretazioni, la stanza è il simbolo di un mondo chiuso e senza via d’uscita. A destra s’intravede infatti una finestra che, però, si affaccia sul buio. Secondo i miti della classicità, gli uomini recitano il combattimento segregati dagli dei in un mondo senza tempo e senza futuro e quindi, privo di speranza. Il dipinto di Giorgio de Chirico si può quindi interpretare come una metafora ironica e angosciante dell’esistenza umana. L’uomo si affanna a vivere entro regole stabilite dal proprio Dio, o dai governanti, senza possibilità di cambiare il proprio destino.

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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione

Il mercante d’arte e gallerista Léonce Rosenberg (1879-1947), tra il 1928 e il 1929 incaricò Giorgio de Chirico, Gino Severini, Max Ernst, Alberto Savinio e altri, di realizzare alcuni pannelli per decorare il suo appartamento di rue de Longchamp a Parigi. De Chirico partecipò alla commissione con una serie di opere e grafiche dedicate al tema dei combattimenti tra gladiatori.

Nel 1939, a causa della persecuzione antisemita nazista, Rosenberg fu costretto a vendere la sua collezione che fu requisita e venduta dalle autorità filonaziste. Molti collezionisti ne approfittarono, così, per acquisire le importanti opere della collezione Rosenberg. Tra questi vi furono Marieda e Antonio Boschi di Stefano che si recarono a Parigi e acquistarono il dipinto di De Chirico portandolo in Italia arrotolato e senza telaio. L’opera si trova ora a Milano esposta presso la Casa Museo Boschi di Stefano.

L’artista e la società. La storia dell’opera La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico

Giorgio de Chirico dipinse La scuola dei gladiatori: il combattimento nel 1928 intorno all’età di 40 anni. De Chirico nacque a Volo, in Grecia, il 10 luglio 1888 e morì a Roma il 20 novembre 1978. Dopo gli anni passati a Roma, dal 1919 al 1925, de Chirico si stabilì a Parigi nel 1925 dove pubblicò saggi e trattati. Entrò in contatto con i surrealisti dai quali però si separò presto e illustrò con incisioni alcuni testi, tra i quali i Calligrammes di Apollinaire, illustrato da sessantasei litografie per l’editore Gallimard.

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Lo stile de La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico

Giorgio de Chirico, nel corso della sua carriera artistica, mutò il suo modo di dipingere e dalle iniziali sperimentazioni metafisiche giunse ad una pittura neoclassica. Questa evoluzione fu determinata dagli incontri con importanti esponenti dell’arte e della cultura. La scuola dei gladiatori è un dipinto che rivela proprio le fluenze esterne alla pittura metafisica.

Ne La scuola dei gladiatori: il combattimento del 1928 lo stile di De Chirico è cambiato rispetto alle opere metafisiche delle Piazze d’Italia. Infatti la campiture di colore piatto lasciano il posto a pennellate filiformi che sembrano graffiate le superfici al pari della punta di una matita. Questi interventi sono particolarmente evidenti sulle pareti. I corpi sono costruiti col chiaroscuro che attraverso forti contrasti rivela le masse muscolari dei gladiatori. Inoltre, la scena è dinamica e la composizione complessa e movimentata, diversa dalle atmosfere urbane sospese.

La tecnica de La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico

L’opera di Giorgio de Chirico, è un dipinto realizzato con impasto di colori ad olio applicato su tela. L’opera misura 160 centimetri di altezza e 240 cm di larghezza.

Il colore e l’illuminazione

La scuola dei gladiatori: il combattimento di Giorgio de Chirico si distingue per il colore ocra-arancio diffuso sull’intera superficie a partire dalle pareti e dal pavimento della stanza. I corpi dei gladiatori richiamano lo stesso colore con tonalità più chiare. Altri, invece presentano un incarnato quasi bianco e ombre grigie. I cavalli si evidenziano grazie al manto color bruno scuro. Le figure si distinguono quindi grazie a minime variazioni di tonalità. La luce che rivela la scena è diffusa e, osservando l’ombra che si proietta a destra, sembra provenire anche da sinistra.

Lo spazio

De Chirico ha progettato lo spazio chiuso di una stanza nel quale ambientare la scena di combattimento. La prospettiva che definisce l’architettura agisce così a destra, con la fuga della parete e del vano della finestra. Poi in alto, sulla modanatura bianca che raccorda le pareti con il soffitto e in basso, con la linea che separa il pavimento dalla parete di fondo. La profondità della scena dipinta è quindi limitata allo spazio occupato dai gladiatori.

La composizione e l’inquadratura

Il gruppo dei gladiatori assume una forma piramidale e le figure sono disposte simmetricamente rispetto alla linea verticale centrale del dipinto. De Chirico ha ottenuto l’unità della scena attraverso la distribuzione uniforme dei cavalli che con la massa dei loro corpi uniscono a sinistra e a destra quelli dei gladiatori. Anche i combattenti contribuiscono all’amalgama delle figure interagendo nella lotta e nella disposizione dei corpi.

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Bibliografia

  • Maurizio Calvesi, Gioia Mori, De Chirico, Giunti, Collana: Dossier d’art, ISBN: 9788809760806
  • Chiara Fabi, Maria Fratelli (a cura di), Giorgio De Chirico La scuola dei gladiatori, Skira, collana: Visti da vicino, 2019, ISBN: 885724282, EAN: 9788857242828

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 4 giugno 2023.

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