La Divina Commedia nell’arte è una pagina che offre la possibilità di conoscere i dipinti e le immagini di importanti artisti che si sono ispirati all’immaginario dantesco.
Pagina aggiornata il: 24 dicembre 2021
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Le opere con argomento La Divina Commedia nell’arte
La Divina commedia di Salvador Dalí
Dalí nel 1957 realizzò cento illustrazioni per raccontare visivamente i passi più importanti della Divina Commedia. L’artista seguì i due viaggiatori attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso interpretando i loro incontri in chiave psicanalitica. Dalí riuscì a realizzare immagini evocative nelle quali si ritrovano anche gli elementi della sua opera matura. Infatti si riconoscono figure molli, ossa che volano e altre figure ricorrenti.
Il governo italiano commissionò le illustrazioni a Dalí e gli chiese di consegnarle in otto anni. Infatti le immagini erano destinate alla pubblicazione di un’edizione del 1965, in occasione dei settecento anni della nascita di Dante. L’opinione pubblica italiana però fu contraria all’operazione. Il governo italiano quindi non realizzò il volume e le stampe entrarono nel circuito commerciale. L’editrice Salani di Milano pubblicò l’edizione con le opere di Dalí.
Dalí continuò nel suo lavoro e terminò la serie nel 1964. Fu necessario il lavoro di due incisori che per cinque anni intagliarono a mano 3500 blocchi di legno necessari per le xilografie.
L’angelo caduto (Inf. III) di Salvador Dalí
Questa illustrazione mostra una figura androgina molto vicina alle visioni di Salvador Dalí. Il corpo è ben modellato nell’anatomia e quindi la figura risulta ancora più inquietante. I piedi dell’angelo caduto sono diventati animaleschi e il corpo è corrotto. Infatti dal ginocchio destro spunta un osso. La pelle si sta decomponendo e le ali perdono il loro piumaggio. Compaiono i cassetti che escono dal corpo che sono un tratto distintivo dell’opera di Dalí.
Caronte (Inf. III) di Salvador Dalí
"Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia."
Nella mitologia greca e romana Caronte era il traghettatore dell’Ade, il regno dei morti. Se i cadaveri erano stati celebrati con un rito funebre allora il traghettatore trasportava le anime attraverso il fiume Acheronte. Il poeta Virgilio lo colloca nel libro VI dell’Eneide e gli da le sembianze di un vecchio. Dante descrive Caronte invece nell’Inferno (Inf., III, 82-111,) facendo riferimento al testo di Virgilio. Il traghettatore diventa più demoniaco e strumento della giustizia divina. Il vecchio ha occhi fiammanti e trasporta solo i dannati che stipa con il remo sul fondo della barca.
Nella scheda dell’opera trovi un interessante approfondimento su Dante e la Musica di Anna Maria Nosotti.
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La Divina Commedia nell’arte. Paolo e Francesca di Gaetano Previati
Gaetano Previati, Paolo e Francesca, 1909, olio su tela, 230 x 260 cm. Ferrara, Museo dell’Ottocento
La vicenda di Paolo e Francesca ad una interpretazione superficiale pare un tragica storia d’amore romantico. Invece rivela l’attenzione di Dante nei confronti di un tema di grande attualità cioè del tradimento e del senso di peccato. Inoltre mette in luce anche la personalità colta della giovane donna che si innamora di Paolo leggendo le vicende del Lancillotto e di Ginevra. Nella scheda di analisi dell’opera trovi l’approfondimento di Anna Maria Nosotti dal titolo Non solo una storia d’amore.
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La Divina Commedia nell’arte. La Porta dell’inferno di Auguste Rodin
Auguste Rodin, La porta dell’Inferno, 1880-1917, altorilievo in gesso, 635 x 400 x 94 cm. Parigi, Musée d’Orsay
La Porta dell’inferno fu per lo scultore francese Auguste Rodin una profonda ossessione. Rodin infatti lavorò a questo progetto per 27 anni. Inizialmente si ispirò alla Divina Commedia di Dante e alle illustrazioni che Gustave Doré aveva pubblicato nel 1861.
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La Divina Commedia nell’arte. Dante incontra Matelda di Nicolò Barabino
Nicolò Barabino, Dante incontra Matelda, 1876-1877, olio su tela, 32,5 x 50,3 cm. Genova, Galleria d’Arte Moderna
Nicolò Barabino interpreto con questo dipinto il personaggio di Matelda che compare nel Paradiso Terrestre (Canto XXVIII del Purgatorio). Il poeta incontra la giovane nel giardino, oltre il fiume Lete. La ragazza passeggia, canta e raccoglie dei fiori. Matelda è una figura enigmatica e Dante non da informazioni circa una sua identificazione con un personaggio realmente esistito. Il suo ruolo nell’Eden è quello di immergere nei due fiumi le anime purificate.
L’identità di Matelda non è nota agli storici che nel tempo hanno avanzato alcune ipotesi. Inoltre per le caratteristiche descritte da Dante, Matelda si può considerare una donna-angelo che ispira serenità a coloro che la incontrano. Puoi approfondire il profilo di questo personaggio della Divina Commedia leggendo l’approfondimento dal titolo La bella donna che si scalda ai raggi del sole di Anna Maria Nosotti
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Il Conte Ugolino di Jean-Baptiste Carpeaux
Jean-Baptiste Carpeaux, Il Conte Ugolino, 1862, bronzo fuso da Victor Thiébaut, 194 x 148 x 119 cm. Parigi, museé d’Orsay
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La Divina Commedia nell’arte. Francesca da Rimini di Giuseppe Frascheri
Giuseppe Frascheri, Francesca da Rimini, 1846, olio su tela, 282 x 179,8 cm. Genova, Galleria d’Arte Moderna
Paolo e Francesca espiano la colpa del proprio amore. Nell’incontro con Dante è solo Francesca che narra la sua vicenda. Paolo invece è silenzioso e piange. I due giovani amanti uccisi dal marito geloso, fratello di Paolo, sono portati in alto dalla bufera che trascina le anime dei lussuriosi.
Giuseppe Frascheri interpretò il passo di Dante con un’opera dal gusto romantico e figure molto realistiche.
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La Divina Commedia nell’arte. Giotto dipinge il ritratto di Dante di Dante Gabriel Rossetti
Dante Gabriel Rossetti, Giotto dipinge il ritratto di Dante, 1852, acquerello su carta, 36,8 x 47 cm. Collezione privata, Andrew Lloyd Webber Collection
Dante Gabriel Rossetti fu uno dei massimi esponenti della Confraternita dei Preraffaelliti. In questo dipinto rivela le fonti di ispirazione del gruppo di artisti che risalgono all’arte precedente al Rinascimento. Giotto è raffigurato mentre omaggia con un ritratto il sommo poeta.
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Dante e Virgilio di William Bouguereau
William Bouguereau, Dante e Virgilio, 1850, olio su tela, 281 x 225 cm. Parigi, museé d’Orsay
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La Divina Commedia di William Blake
L’artista inglese William Blake tra il 1824 e il 1827 realizzò 102 acquerelli che illustrano la Divina Commedia con immagini visionarie.
Blake interpretò i principali passi del poema di Dante Alighieri con lo stile romantico che caratterizza le sue opere.
I colori delle illustrazioni sono brillanti e irreali e contribuiscono ad esaltare l’aspetto fantastico della narrazione.
Meglio non entrare
“Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ’l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”.
Queste parole “di colore oscuro” (come dice lo stesso Dante all’inizio del III canto dell’Inferno) si trovano scritte sulla sommità di una porta che permette l’accesso al primo dei tre regni ultraterreni. Dante, con una tecnica narrativa e poetica straordinarie, ci suggerisce l’impressione che sia la porta stessa a parlare, con un incipit del canto di fortissimo impatto emotivo, proprio perché privo di premesse e di inutili spiegazioni.
Ma cosa rende queste parole così terrificanti? Sicuramente l’idea dell’ eternità del dolore. Inoltre , se si varca quest’uscio non sarà mai più possibile tornare indietro. Ecco , espressioni come etterno dolore, se non etterne e io terno duro creano anche nel lettore moderno in senso di angoscia e di paura. E anche la Speranza, ultima dea ( come direbbe Foscolo) fugge da questo luogo: se si entra, ogni possibilità di salvezza diventa vana.
Il terzo canto
Certo , tutto il III canto è terrificante: l’incontro con gli ignavi, il fiume Acheronte, l’orrido, crudele ed iracondo Caronte con la sua barca carica di dannati e lo svenimento finale dello stesso Dante. Eppure, le parole della porta rimangono impresse nella mente del lettore, che spesso le manda a memoria e le utilizza per definire situazioni senza uscita.
Ma non solo: la letteratura seguente, dal Rinascimento ad oggi, sarà piena di porte parlanti, di accessi ad altri mondi, di stanze misteriose, di iscrizioni spaventose, a riprova che Dante è stato fonte di ispirazione per moltissimi scrittori, che hanno descritto porte di nani (Il signore degli anelli), accessi a mondi stravaganti , come per Alice, fino alle misteriose porte da non aprire di tanta cinematografia contemporanea.
La barca di Dante di Eugène Delacroix
Eugène Delacroix, La barca di Dante, 1822, olio su tela, 189 x 246 cm. Parigi, Museo del Louvre
Eugène Delacroix dipinse una immagine evocativa per concentrare in un’opera la forza della Divina Commedia. Dante e Virgilio si trovano sulla barca di Flegias che traghetta i due visitatori oltre la palude dello Stige, verso Dite, la città infuocata.
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Gli iracondi
‘E innegabile: alcuni canti dell’Inferno di Dante sono più”infernali” di altri…
Infatti, se il poeta dinnanzi ad alcuni dannati prova pietà (Paolo e Francesca), ammirazione (Ulisse), stima ( Farinata), per cui il suo atteggiamento, e ovviamente anche il linguaggio utilizzato, si colora di innumerevoli sfaccettatura, ci sono canti in cui lo stesso Alighieri sembra quasi compiacersi della crudeltà delle pene inflitte.
L’episodio qui rappresentato, per esempio, ci rimanda al Canto VIII della Prima cantica: ci troviamo ancora nel V cerchio, in cui iracondi ed accidiosi sono affogati nella palude Stigia, su cui naviga velocemente la barca di Flegiàs. Questa creatura mitologica viene da Dante trasformata in demone, come è già accaduto per Caronte o Minosse, ma il suo compito non è chiaro: traghetta anch’egli le anime ? Controlla semplicemente i dannati ? Si limita a dirigersi verso la città di Dite?
Ma è sicuramente la parte centrale del canto la più importante: l’anima di Filippo Argenti (un fiorentino di cui sappiamo assai poco , forse un nemico di Dante, citato anche da Boccaccio), esce dal fango e cerca di rovesciare la barca su cui viaggiano i nostri protagonisti. Il poeta lo riconosce e lo maledice, mentre Virgilio lo ricaccia addirittura nella melma paludosa da cui è spuntato, aggiungendo poi un abbraccio e una lode all’Alighieri per il suo atteggiamento disgustato e sdegnoso . Infine, Dante afferma che gli farebbe molto piacere vedere l’Argenti rituffato nella palude e dilaniato dai denti degli altri suoi compagni di sventura. E così sarà.
La citazione
E io a lui: "Con piangere e con lutto, spirito maladetto, ti rimani; ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto".(39) Allor distese al legno ambo le mani; per che ’l maestro accorto lo sospinse, dicendo: "Via costà con li altri cani!".(42) Lo collo poi con le braccia mi cinse; basciommi ’l volto e disse: "Alma sdegnosa, benedetta colei che ’n te s’incinse!
E poi
E io: "Maestro, molto sarei vago di vederlo attuffare in questa broda prima che noi uscissimo del lago". ……….. Dopo ciò poco vid’io quello strazio far di costui a le fangose genti, che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio. Insomma, Dante aggiunge crudeltà a crudeltà, con una specie di sadica soddisfazione venata di iracondia. E ancora oggi, che di dice di Filippo Argenti? A questo proposito vi consiglio l' ascolto di " Argenti vive" del cantautore italiano Caparezza.
Paolo e Francesca di Jean-Auguste-Dominique Ingres
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Paolo e Francesca, tra il 1814 e il 1819, olio su tela, 35 x 28 cm. Chantilly, Musée Condé
La vicenda di Paolo e Francesca ha ispirato molti artisti per i suoi risvolti romantici e drammatici. Jean-Auguste-Dominique Ingres offre invece una interpretazione molto composta e pagata dei due amanti poco prima della tragedia.
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Il Giudizio Universale di Michelangelo Buonarroti
Michelangelo, Giudizio Universale, 1536-1541, affresco, 1370 x 1200 cm. Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina
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Ritratto di Dante Alighieri di Agnolo Bronzino
Agnolo Bronzino, Ritratto di Dante Alighieri, 1532 – 1533 circa, olio su tela, 130 x 136 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi
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Dannati all’Inferno di Luca Signorelli
Luca Signorelli, Dannati all’Inferno, 1499-1502, affresco. Orvieto, duomo di Orvieto, cappella di San Brizio
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Ritratto di Dante Alighieri di Sandro Botticelli
Sandro Botticelli, Dante Alighieri, tempera su tela, 1495, Ginevra, collezione privata, Dr. Bodmer
Nella scheda di analisi trovi un approfondimento di Anna Maria Nosotti sulla tradizione figurativa che ci tramanda il volto di Dante…
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Link esterni
Consulta la pagina dedicata al dipinto di Agnolo Bronzino, Ritratto di Dante Alighieri, sul sito della Galleria degli Uffizi di Firenze e sul sito del MiBac
L’autrice dei contributi
Anna Maria Nosotti. Nata a Piacenza, dopo il diploma di maturità classica si trasferisce a Torino, dove si laurea in lettere a indirizzo archeologico. Ha insegnato per quasi 40 anni italiano e latino in alcuni licei della città e per due decenni è stata presidente dell’Associazione “internoquattro”, occupandosi di promozione culturale. Da sempre interessata al cinema e al teatro (ha diretto brevi film e spettacoli teatrali), felicemente in pensione da un anno, ha recentemente seguito i corsi di regia di Carlo Roncaglia (Accademia dei folli, Torino).
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