Sant’Antonio Abate e San Francesco di Mariotto di Nardo della Galleria Sabauda di Torino è probabilmente lo scomparto di una Pala d’altare attualmente dispersa.
Mariotto di Nardo, Sant’Antonio Abate e San Francesco, primo quarto del 1400, tempera e doratura su tavola, 175 x 77 cm. Torino, Galleria Sabauda
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Indice
Descrizione di Sant’Antonio Abate e San Francesco di Mariotto di Nardo
I due Santi sono in posizione stante dipinti all’interno di due nicchie sormontate da un arco a sesto acuto. Sono rivolti a sinistra e portano tra le mani i simboli iconografici che li rappresentano. Indossano ampie vesti e San Francesco indossa un lungo saio che lascia scoperti i piedi nudi. Nella mano sinistra infine stringono un grosso libro.
Interpretazioni e simbologia di Sant’Antonio Abate e San Francesco di Mariotto di Nardo
Sant’Antonio Abate è conosciuto con altri nomi quali sant’Antonio il Grande, sant’Antonio d’Egitto, sant’Antonio del Fuoco, sant’Antonio del Deserto, sant’Antonio l’Anacoreta. Fu eremita egiziano e fondò il monachesimo cristiano e quindi è considerato il primo abate. Secondo il suo progetto i religiosi si riunirono in famiglie di monaci votati a Dio e guidati da un abbà, un padre spirituale. Fu Atanasio, vescovo di Alessandria, che scrisse di lui nel testo Vita Antonii pubblicata nel 357.
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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione
Il noto industriale mecenate e collezionista Riccardo Gualino era il proprietario di questo dipinto sebbene Lionello Venturi non lo pubblicò nel catalogo della collezione del 1926. L’opera non comparve nemmeno nel catalogo della esposizione presso la Galleria Sabauda di Torino del 1928. Gualino riconobbe il grande successo ottenuto dall’esposizione e nel 1930 donò molte opere della sua collezione al museo tra le quali questa di Mariotto di Nardo. In seguito alla dispersione delle opere di Gualino , Tullio Fossati Bellani di Milano acquistò l’opera il 28 gennaio 1937. Il dipinto passò quindi al figlio, Felice Tullio e quindi a Guido Scarpa di Milano. Fu posto in vendita dalla Galleria Salamon e infine nel 1996 per diritto di prelazione giunse alla Galleria Sabauda di Torino.
L’artista e la società. La storia dell’opera Sant’Antonio Abate e San Francesco di Mariotto di Nardo
Di Mariotto di Nardo si hanno notizie dal 1394 al 1424 e nacque forse tra il 1360 e il 1365. Secondo le ultime datazioni questo dipinto risale al periodo maturo dell’artista, tra il 1400 e il 1424.
In seguito al fallimento dell’impero industriale di Gualino, Guglielmo Pacchioni, soprintendente e direttore della Regia Pinacoteca, fu incaricato di valutare le opere tra il 1930 e il 1932. La valutazione era finalizzata alla vendita all’asta. Secondo la perizia di Pacchioni il dipinto è lo scomparto laterale di una grande pala d’altare attribuibile a Mariotto di Nardo. Giulio Carlo Argan, allievo di Lionello Venturi, in qualità di ispettore presso la Soprintendenza alle Gallerie di Torino nel 1933 chiese una nuova perizia. Infatti era convinto che l’opera valesse di meno perché in cattivo stato di conservazione. Quindi dalle iniziali 20.000 lire di valore il dipinto scese a 9.000 lire e fu acquistato da Tullio Fossati Bellani di Milano.
Secondo Paola Astrua l’opera risale all’ultimo decennio del 1300 e fu realizzata durante il soggiorno pisano del maestro. In questa occasione Taddeo di Bartolo dipinse la Madonna in trono e santi, firmato e datato 1395. L’opera secondo Paolo Astrua presenta analogie con la pala ospitata nella chiesa di San Paolo all’Orto a Pisa e ora a Grenoble presso il Musée des Beaux Arts. Invece secondo Sonia Chiodo (1999) lo scomparto risale agli anni venti del Quattrocento. Infine si pone l’opera in relazione con Santi Caterina e Giovanni Battista proprietà di una collezione privata di Milano.
Consulta anche l’articolo intitolato: I libri utili alla lettura dell’opera d’arte.
Consulta anche l’articolo intitolato: La scheda per l’analisi dell’opera d’arte.
Lo stile di Sant’Antonio Abate e San Francesco di Mariotto di Nardo
Mariotto di Nardo di Cione fu forse il figlio del pittore Nardo di Cione e nipote di Andrea Orcagna. Il suo stile rivela quindi influenze dal tardo-gotico fiorentino. La sua capacità di dotare di rilievo plastico le figure suggerisce inoltre che fece riferimento anche alla produzione statuaria. La sua intera produzione è infine caratterizzata da una dilatazione delle masse ancorate verso il basso.
La tecnica
Lo scomparto è realizzato con tempera e doratura su una tavola di 175 x 77 x 7 cm.
Il colore e l’illuminazione
Il fondo della tavola è dorato mentre il pavimento rappresentato è realizzato con una tinta verde-azzurra. Invece le figure dei due Santi sono coperte da abiti di colore grigio caldo. Spiccano infine i colori dei due volumi, rosso e blu.
Lo spazio
Le figure dei due Santi sono dipinte contro uno sfondo dorato bidimensionale. Il pavimento invece crea una base prospettica che determina una certa profondità dello spazio.
La composizione e l’inquadratura
Lo scomparto è costituito da una cornice sagomata di stile gotico. Inoltre le due figure sono contenute all’interno di nicchie limitate in alto da archi a sesto acuto.
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Bibliografia
- Sonia Chiodo, Mariotto di Nardo: note per un <<egregio piittore>>, in “Arte Cristiana”, 88, 2000
- Anna Bisceglie, Il polittico di Mariotto di Nardo restaurato, Sillabe, 2011, EAN: 9788883476273
- Elena Testaferrata, Giacomo Guazzini, Valentina Baffi, Due pittori tardogotici fiorentini per Pistoia: Mariotto di Nardo e Rossello di Jacopo Franchi, Gli Ori, 2015, EAN: 9788873365914
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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 22 giugno 2020.
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