la Scuola di via Cavour fu un movimento artistico nato negli anni Venti del Novecento a Roma, in Italia ad opera di Antonietta Raphaël e Mario Mafai.
Pagina aggiornata il: 8 luglio 2021. Torna a visitarci e troverai nuovi contenuti.
La definizione di Scuola di via Cavour si riferisce ad un gruppo di artisti che operarono a Roma tra il 1928 e il 1945. Nonostante l’utilizzo del termine Scuola, non è possibile tracciare un profilo coerente e organico del lavoro di questi artisti.
Gli artisti riuniti nella Scuola di via Cavour provenivano da formazioni diverse in genere derivanti dalle esperienze delle Avanguardie storiche.
Nella trattatistica della storia dell’arte spesso la Scuola di via Cavour è associata alla Scuola romana. Recentemente, dopo il 2000, gli storici tendono a separare le due esperienze considerando la tendenza maggiormente espressionista della Scuola di via Cavour.
La storia della Scuola di via Cavour
Antonietta Raphaël e Mario Mafai nel novembre del 1927 si stabilirono in via Cavour numero 325 a Roma. Il loro appartamento si trovava in un palazzo umbertino demolito poi tre anni dopo, nel 1930 quando fu attuato il programma urbano del fascismo. Al posto dello stabile e degli altri demoliti fu tracciata via dell’Imperatore che ora è diventata via dei Fori Imperiali.
La coppia di artisti allestì lo studio artistico in una grande stanza dell’appartamento che si trovava all’ultimo piano del palazzo. Gli artisti inoltre godevano di un balcone con vista sul centro di Roma che utilizzavano quotidianamente e per gli incontri con altri colleghi e intellettuali.
Grazie all’apertura sociale dei due artisti il loro appartamento divenne un salotto culturale. Si ritrovarono in via Cavour letterati come Enrico Falqui, Giuseppe Ungaretti, Libero de Libero, Leonardo Sinisgalli, Arnaldo Beccaria, Antonino Santangelo, e giovani artisti come Gino Bonichi detto Scipione, Renato Marino Mazzacurati, e Corrado Cagli.
Gli artisti e gli intellettuali che si ritrovavano in via Cavour erano uniti da vincoli di amicizia e da una comune ammirazione verso l’espressionismo europeo. Questo aspetto, in particolare, pose in antagonismo la Scuola di via Cavour con la realtà italiana del Ritorno all’ordine improntata al classicismo.
1927. Giuseppe Capogrossi, Emanuele Cavalli e Francesco Di Cocco, giovani allievi di Felice Carena, nel 1927, esposero presso l’Hôtel Pensione Dinesen di Roma. I tre artisti superarono gli insegnamenti del maestro con la rivisitazione di temi presenti in opere di Amerigo Bartoli, Gisberto Ceracchini e Giorgio Morandi. Alcuni critici del tempo notarono le opere nonostante la sede non ufficiale. Il critico Corrado Pavolini apprezzò soprattutto il colore delle opere di Emanuele Cavalli.
L’evento attirò l’attenzione di critici e artisti di Roma quali Libero de Libero, Roberto Longhi, Mario Mafai e Renato Mazzacurati. Il successo ottenuto convinse Emanuele Cavalli ad impegnarsi nella ricerca artistica. L’artista così come aveva già progettato nel 1927, partì per Parigi a marzo del 1928. Cavalli a Parigi raggiunse Onofrio Martinelli che lo aveva incoraggiato a partire e l’artista Fausto Pirandello appena sposato con la modella Pompilia D’aprile.
Gli ideali artistici della Scuola di via Cavour
Il lavoro della Scuola di via Cavour fu la risposta alle realtà più allineate alla politica come Novecento e la rivista di Roma Valori plastici. Inoltre, gli artisti si contrapposero con gli artisti più celebrati dal regime quali Mario Sironi, Mario Tozzi e Achille Funi che dominarono negli anni Venti e Trenta del Novecento. Infatti lo stile neo-espressionista delle opere della Scuola erano in decisa opposizione con il rigore classico di Novecento.
Lo stile della Scuola di via Cavour
Il critico Roberto Longhi identificò e codificò per primo il gruppo di artisti definendolo come Scuola di via Cavour. Longhi definì il loro lavoro come un’arte eccentrica e anarcoide. Inoltre aggiunse di non riconoscersi nei modi del gruppo ma di considerarlo degno di nota. Il critico nel descrivere l’immaginario dei due artisti fece riferimento a Raoul Dufy e Chagall che Antonietta Raphaël aveva incontrato a Parigi.
Il critico Renato Barilli definì la pittura di Scipione espressionismo barocco romano. Nelle opere dell’artista infatti compaiono scorci decadenti del centro storico barocco di Roma. Gli scorci sono popolati da preti e cardinali dalla figura espressionista. Sempre Barilli sottolineò il tono caldo delle opere di Mafai che raffigurano scorci di Roma. Le opere dell’artista inoltre celavano una sottile critica alle demolizioni promosse dal governo fascista spinto da impeti celebrativi.
Le opere della Scuola di via Cavour
Autoritratto del pittore Carena di Felice Carena
Felice Carena, Autoritratto del pittore Carena, 1904, pastello su carta, cm. Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna
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