Arte e Intelligenza Artificiale è un tema molto dibattuto che fa sorgere preoccupazioni ma accende anche nuove speranze e, forse, qualche illusione.
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In copertina: Gemini, interpretazione di installazione minimalista, 2 febbraio 2025, Italia, modello generativo
di Marco Rabino
Gli artisti contemporanei si stanno interrogando sugli effetti della diffusione dell’Intelligenza artificiale nel mondo. Infatti, ormai è chiaro che la massiccia diffusione dell’AI pervade ogni campo della produttività umana, arte compresa. Sembra così, che ad essere più minacciate siano proprio le attività creative, complesse e faticose, ma anche più caratterizzanti l’umanità. I diversi modelli linguistici offrono infatti, applicativi che promettono di comporre racconti, sceneggiature, progetti di allestimenti e installazioni. L’Ai text-to-image soddisfa ogni richiesta dibproduzione creativa immagini grafiche, composizioni fotografiche di grande credibilità e video. I modelli generativi più usati sono attualmente Dall-E 2, Midjourney, StableDiffusion e NightCafé e offrono varie possibilità di produzione creativa.
Una rivoluzione epocale
Siamo nel pieno di una grande rivoluzione tecnologica, pari forse all’invenzione della stampa tipografica. Anzi più impattante, visto che oggi la tecnologia compete con i processi creativi umani. Le macchine programmabili hanno sostituito il lavoro umano nell’automazione industriale ed ora, stando alle informazioni che trapelano dai media, sono pronte a sostituire anche la creatività. Sicuramente la macchina è più precisa dell’operaio, che ora staziona di fronte ad essa e controlla il flusso di lavoro. Dove prima erano in dieci ora basta una sola persona a controllare che il programmia segua il suo corso senza intoppi.
Creare la macchina
L’automazione ha sempre spaventato il genere umano come abbiamo letto in tante opere letterarie di fantascienza trasvormate poi in cinematografia. Già faevano temere per la sicurezza dell’umanità le creature assemblate nel racconto orrorifico come quella in The Modern Prometheus, nota al pubblico come Frankenstein, di Mary Shelley, scritto fra il 1816 e il 1817. Ma forse il mito fondante della macchina contemporanea è il Golem, una creatura antropomorfa, menzionata nella Cabala ebraica.
Istruire la macchina
Il termine deriva dall’ebraico gōlem, si può tradurre come materia grezza e secondo il mito medievale prende vita e ubbidisce al suo creatore. L’algoritmo che rende animato il simulacro di fango è contenuto nei saperi della Cabala. Così il golem fu un utile servitore forte e instancabile del suo creatore finché nel XVI secolo il rabbino Jehuda Löw ben Bezalel di Praga, creò alcuni golem senzienti.
Purtroppo questi golem crescevano a dismisura e costrinsero il loro creatore ad abbatterli, scrivendo sulla loro fronte il termine morto. Uno di essi fuggì al suo controllo e causò una terribile distruzione. Il Rabbino per evitare il ripetersi del disastro, nascose i golem nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, nel cuore del vecchio quartiere ebraico di Praga. Ed ecco il mito della macchina che si ribella al suo creatore.
Eliminare la macchina ribelle
Una diversa, e più moderna soluzione, al problema della ribellione della macchina la trovò Philip K. Dick nel romanzo del 1968 intitolato Do Androids Dream of Electric Sheep tradotto in italiano come Il cacciatore di androidi. L’opera è nota al grande pubblico nella sua trasposizione cinematografica intitolata Blade Runner, del 1982, diretta da Ridley Scott. I cacciatori di androidi, i blade runner appunto, devono scovare le macchine sfuggite al controllo umano e disattivarle.
Come utilizzare la macchina ubbidiente
La macchina oggi ha una diffusione universale, risiede nel cloud e interagisce con noi attraverso i dispositivi. I suoi creatori hanno davvero programmato il suo modello per aiutarci a vivere meglio o hanno intenzione di sostituirci? Forse cercano una maggiore efficienza nella manifattura industriale. Abbattimento di costi e azzeramento dei conflitti tra le parti. La macchina elimina però i rapporti tra le persone e li sostituisce con tool efficientissimi. Così, il prodotto perfetto lo progetta la macchina, lo produce, lo distribuisce e sempre la macchina organizza la strategia di marketing.
La macchina sostituirà l’artista?
Lasciamo da parte tutte le implicazioni politico-economiche e sociali. Ma la domanda che ci interessa è: l’artista sarà sostituito? I robot dipingeranno e scolpiranno, progetteranno installazioni e produrranno videoarte nell’immediato futuro? Non è difficile immaginare una Biennale veneziana nella quale saranno protagoniste produzioni artistiche totalmente progettate e realizzate dalle macchine.
La macchina curatrice di eventi
Alla richiesta di scegliere un argomento per una futura Biennale di Venezia, Gemini glissa e mi informa sull’ultima edizione, la numero 60, cioè quella del 2024, diretta da Adriano Pedrosa. La macchina non intende fare previsioni. D’altronde la Biennale è un marchio registrato. Invece alla richiesta di organizzare una grande mostra con immagini create dall’AI, Gemini risponde con questa proposta:
Proposta espositiva elaborata dal modello linguistico Gemini
La mostra potrebbe includere una varietà di opere d’arte, tra cui:
Dipinti astratti: Dipinti a grande scala con colori e trame vibranti e contrastanti, che ricordano una sinfonia caotica ma armoniosa di colori.
Installazioni immersive: Installazioni che esplorano le emozioni e le interazioni umane, composte da proiezioni di luce intricate e superfici riflettenti.
Sculture digitali interattive: Sculture digitali interattive che utilizzano tecnologie all’avanguardia per reagire ai movimenti e alla presenza degli spettatori, creando una danza ipnotizzante di luce e suono.
Sculture cinetiche: Sculture cinetiche che utilizzano materiali riciclati per rappresentare un senso di movimento giocoso ma profondo, trasformando l’ordinario in opere d’arte straordinarie.
La macchina creatrice
Con richieste specifiche Imagen3 è ancora più originale e crea un’istallazione ambientale con materiali di riciclo industriale, che esprime amore per la natura. Crea poi un’istallazione con materiali di scarto metallici che esprimono l’alienazione del lavoro nella fabbrica metalmeccanica del Novecento. In questi due casi le istruzioni non includono il suggerimento di uno stile o una corrente.
Alla richiesta di creare un’istallazione ambientale con stile arte povera che rappresenta il rapporto uomo-natura, utilizzando opere in bronzo, il progetto acquista qualche specifica in più. Rimane però generico e non ricorda il lavoro di un artista con precisione. Le cose cambiano quando la richiesta è specifica, come nel caso di interpretare il lavoro di Cattelan, Hirst, Koons e Serra. Gemini riconosce le cifre stilistiche degli artisti e propone una variazione sul loro tema più famoso.
L’ascesa dell’intelligenza artificiale (AI) nel campo dell’arte ha acceso un dibattito appassionato: le AI potranno mai sostituire completamente gli artisti umani?
Una conversazione con la macchina sul futuro dell’artista
Alla richiesta esplicita di pronosticare la sostituzione della macchina all’artista umano, il modello Gemini risponde:
Il ruolo dell’AI nell’arte
Le AI sono in grado di creare opere d’arte originali, utilizzando algoritmi e apprendimento automatico per generare immagini, musica e testi. Alcuni sostengono che questa capacità segni l’inizio di una nuova era artistica, in cui le AI diventano collaboratori o addirittura creatori autonomi. Tuttavia, è importante notare che l’arte generata dall’AI si basa su dati e modelli preesistenti, e spesso manca dell’esperienza umana, delle emozioni e della capacità di pensiero critico che guidano la creatività umana.
Il valore dell’esperienza umana
Gli artisti umani portano con sé un bagaglio unico di esperienze, emozioni e prospettive che influenzano profondamente la loro arte. L’arte è spesso un mezzo per esprimere emozioni complesse, esplorare temi profondi e sfidare le convenzioni sociali. Questi elementi sono difficili da replicare per un’AI, che non ha la stessa esperienza di vita o la capacità di riflettere criticamente sul mondo che la circonda.
La collaborazione uomo-AI
Piuttosto che vedere l’AI come una minaccia, molti artisti la considerano uno strumento potente per ampliare i propri orizzonti creativi. Le AI possono essere utilizzate per generare idee, esplorare nuove tecniche e automatizzare compiti ripetitivi, consentendo agli artisti di concentrarsi sugli aspetti più concettuali e creativi del loro lavoro.
Il futuro dell’arte
È probabile che l’AI continuerà a evolversi e a svolgere un ruolo sempre più importante nel mondo dell’arte. Tuttavia, è difficile immaginare che possa mai sostituire completamente gli artisti umani. L’arte è un’espressione profondamente umana, radicata nelle nostre esperienze, emozioni e interazioni con il mondo.
In conclusione
Le AI possono essere strumenti potenti per gli artisti, ma non possono replicare l’esperienza umana, le emozioni e la capacità di pensiero critico che sono essenziali per la creazione di arte significativa. Il futuro dell’arte probabilmente vedrà una collaborazione sempre più stretta tra artisti umani e AI, con entrambi che si spingono a vicenda verso nuove frontiere creative.
La risposta degli artisti al salto tecnologico
La risposta generata dal modello linguistico Gemini sembra rassicurante e di totale buon senso. Ad ogni sviluppo tecnologico, l’artista ha trovato il modo di offrire una propria alternativa. Pensiamo a ciò che determinò l’invenzione della ripresa fotografica. Alcuni artisti se ne servirono per dipingere ritratti su base fotografica per facilitare il loro lavoro. Altri si ispirarono alla grana puntiforme della fotografia ed elaborarono Impressionismo e Puntinismo.
I più coraggiosi poi abolirono la figura e nacquero le Avanguardie. Altri infine abbandonarono il realismo a favore della propria interpretazione formale della realtà visiva. Nel più recente passato, la Pop art e il Medialismo hanno sostituito la riproduzione della realtà con la riproduzione dei nuovi media. Così, l’artista è rimasto protagonista dell’operazione creativa e la tecnologia ha fornito le idee.
La competizione con la macchina creativa
Oggi, però la macchina crea, imita, si ispira. Rimane ancora il limite della decisionalità. Infatti deve essere un agente umano ad attivare la creatività della macchina. Quindi, in teoria l’artista potrebbe utilizzare la macchina ancora una volta come uno strumento di lavoro. Ma la vita di un artista è complicata, e deve promuovere le proprie opere all’interno di eventi espositivi o se è fortunato all’interno di Gallerie commerciali. Cosa succederà quando il pubblico si appassionerà alle opere d’arte progettate, prodotte e firmate dalla macchina?
Non siamo molto distanti dalla creazione di individui singolari, gestiti dal modello generativo ai quali dare un’identità, un nome e uno status di artista. Questo garantirà la coerenza stilistica nel tempo e l’eventuale variazione ed evoluzione dello stile. D’altronde questa operazione viene già compiuta nei film di animazione dove al posto dell’attore recita un suo simulacro in 3D. Nei metaversi, come Fortnite, gli artisti si performano in concerti mondiali attraverso il loro twin digitale.
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Chi usa la grafica generativa? La parola degli esperti
Trattando di arte e più propriamente dello statuto di artista, per comprendere come il dibattito tra gli esperti procede, occorre comprendere su quali presupposti viene condotto. Intanto sulle testate più autorevoli, di cultura informatica e di critica artistica, gli esperti tornano ad interrogarsi sul concetto di arte e di artista. Possiamo considerare la macchina un soggetto creativo? Qual è il peso degli algoritmi e della loro istruzione nel processo di generazione digitale? Quindi alcuni tornano a interrogare le teorie sull’arte e sul fare artistico elaborati nel passato e ormai consolidati, che però non offrono soluzioni universali. Altri, invece si pongono domande diverse, partendo da altre priorità: quali sono i soggetti che utilizzano l’arte generativa?
Secondo queste riflessioni occorre considerare diverse posizioni professionali. Il semplice appassionato genera immagini per il proprio diletto, e può diffonderle sulla rete attraverso i social. Invece il professionista genera immagini per corredare testi e relazioni, anche a carattere didattico. Vengono poi le istituzioni e infine gli artisti, che sono i soggetti forse più preoccupati di questa rivoluzione tecnologica.
Avremo presto una artista umanoide?
L’artista virtuale potrà evolversi e seguire il destino della criptovaluta, con un limite di generazione, dato dal progressivo aumenti di costi di maining, cioè di estrazione? La macchina oggettivizza quindi la creatività ma non può creare connessioni e relazioni tra gli umani. Quindi una delle possibilità creative degli artisti umani sarà quella di creare connessioni tra umani, eventi ed esperienze che coinvolgono direttamente le persone e le comunità.
In questo caso, come negli algoritmi di connessione di Facebook, la macchina può propormi una connessione ma sono io che decido di attivarla. Quindi la macchina in questo caso torna ad essere uno strumento. L’artista deve così proporsi come un animale sociale e progettare eventi e incontri nell’ottica relazionale. Scolpire e modellare la materia sociale, dando forme diverse ed effimere ad un gruppo. L’artista creerà un’aspettativa relazionale nei singoli partecipanti e sarà creatore esperienze.
Cosa rimane all’artista umano
L’artista umano ben inserito non avrà alcun problema ad utilizzare la facilitazione generativa come strumento, in quanto il suo status, riconosciuto dal sistema lo garantirà comunque. Qualche dubbio mi sorge, rispetto alla possibilità che il nuovo strumento possa facilitare l’accesso alla carriera creativa all’esordiente, ancora del tutto nuovo all’ambiente artistico. E anche qui dobbiamo rifarci alla tradizione. La contemporaneità, a partire dal secondo dopoguerra, ha generato nel cittadino una convinzione non del tutto corretta. Cioè, che la semplice propensione ad una carriera o lo studio adeguato e diligente avrebbero dato accesso all’attività desiderata. Già da alcuni decenni abbiamo capito che è stata una grande illusione e le strade per la realizzazione sono ben altre.
La comunità e il suo artista
Quando mi chiedono chi sia l’artista, mi piace fare riferimento ad un’affermazione che fece Vittorio Sgarbi tempo fa. Recito a memoria, anzi ricordo, l’artista è l’insieme delle relazioni che ha saputo creare nella sua carriera. Secondo questo principio, che condivido del tutto, l’artista è quindi colui che ha ricevuto tale status dalla comunità nella quale opera. Se consideriamo la nostra società come un isieme di comunità che in parte si relazionano, allora un artista deve decidere o almeno aspirare ad essere l’artista di uno specifico gruppo.
Posso essere così l’artista del mio paese, della mia zona, noto nella mia Nazione o riconosciuto dal sistema dell’arte Mondiale. Sembra un discorso classista ma in verità, senza troppo semplificare, lo è. Certo la speranza della scalata sociale è ancora un’aspettativa motivante, soprattutto in campo artistico, ma non sarà certo l’Intelligenza Artificiale a fornire all’esordiente una salita assistita. Ancora una volta occorre quindi pensare fuori dagli schemi. Certo, ogni volta che l’umanità ha elaborato un nuovo strumento tecnologico qualcuno ha saputo trarne beneficio quindi accadrà sicuramente con l’AI.
Leggi anche: Le reti artistiche territoriali
Bibliografia
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- Valentina Tanni, Conversazioni con la macchina. Il dialogo dell’arte con le intelligenze artificiali, Tlon Collana: Urano, 2025, EAN: 9791255541080
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