La vanità della vita umana di Jan Brueghel il Giovane è un dipinto allegorico che ci ricorda la brevità dell’esitenza e la provvisorietà dei beni terreni.
Jan Brueghel II il Giovane, La vanità della vita umana, data, tecnica, misure. Torino, Galleria Sabauda dei Musei Reali
La vanità della vita umana di Jan Brueghel II il Giovane
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Descrizione de La vanità della vita umana di Jan Brueghel il Giovane
Ne La vanità della vita umana compaiono molti personaggi all’interno e all’esterno della stanza dipinta in primo piano. Sulla sinistra del dipinto, una figura femminile seminuda solleva con il braccio destro un vaso dal quale spunta una fiamma. Intorno a lei, due putti, sembrano giocare con gli oggetti che si trovano nella grande stanza. Uno di loro, di fronte alla donna, gioca con delle bolle di sapone mentre l’altro a sinistra mostra un’immagine di Cristo. A destra, in un angolo lontano della stanza, tre uomini seduti ad un tavolo, serviti da una domestica, si divertono e banchettano. Oltre l’apertura scandita da archi e colonnine, la folla accorre per vedere lo spettacolo di saltimbanchi.
Interpretazioni e simbologia de La vanità della vita umana di Jan Brueghel II il Giovane
La vanità della vita umana di Jan Brueghel II il Giovane è una composizione allegorica. Quindi, come nelle opere di questo genere, offre una lettura interpretativa generata dal soggetto rappresentato. Già nel titolo, è contenuto un riferimento alla Vanitas, concetto biblico contenuto nella frase “vanitas vanitatum et omnia vanitas“. Si tratta di un memento mori, cioè di un ammonimento rivolto all’osservatore del dipinto che ricorda la caducità della vita umana. Generalmente il tema della vanitas, in pittura, è rappresentato attraverso una natura morta nella quale sono presenti oggetti allusivi. A volte sono raffigurati teschi, diretto riferimento al corpo morto, accanto a oggetti simbolici. Si tratta di candele spente, simbolo della vita terminata e strumenti che indicano il passaggio del tempo come le clessidre. Sono presenti poi fiori appassiti, rose o tulipani, oppure riferimenti alla transitorietà dei beni materiali.
Ne La vanità della vita umana di Jan Brueghel II, si possono osservare molti riferimenti iconografici. Uno dei due putti, in piedi di fronte alla figura allegorica seminuda, gioca con le bolle di sapone. Si tratta proprio di un simbolo che rimanda all’effimericità della vita umana. Il concetto di Vanitas risale ad alcuni secoli prima della nascita di Cristo e descrive la sensazione di impotenza dell’umanità consapevole della finitezza della vita. Nella pittura fiamminga la vanitas è il soggetto di molte nature morte e dipinti che fungevano da monito. Inoltre, ricordavano costantemente al padrone di casa che le sue ricchezze non sarebbero state per sempre.
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La vanità della vita umana di Jan Brueghel il giovane è conservata nella Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino con numero d’inventario 307.
L’artista e la società. La storia dell’opera
Jan Brueghel II è detto anche il giovane per distinguerlo dallo zio, Jan Brueghel il Vecchio. Il pittore fiammingo, nel 1631, offrì a Cristo Immerseel un dipinto dal medesimo soggetto realizzato da Jan Brueghel il Vecchio (Anversa, 1586-1625) e da Rubens. Jan Brueghel il Giovane ne realizzò quindi due copie e, secondo gli storici, quella conservata alla Galleria Sabauda di Torino è proprio una di queste. L’opera entrò a far parte delle collezioni Sabaude già nel 1631 catalogata come “opera fiammenga”.
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Lo stile
Jan Brueghel II il Giovane è considerato dagli storici dell’arte un pittore fiammingo. La sua formazione avvenne nella bottega paterna, Jan Brueghel il Vecchio. Fu nipote di Pieter Bruegel il Vecchio e padre di Abraham Brueghel. Il pittore acquisì lo stile miniaturistico che caratterizza le opere del padre e come lui collaborò con grandi artisti, tra i quali Peter Paul Rubens. Nel dipinto La vanità della vita umana, il pittore ha collocato sulla scena molti oggetti miniaturizzati e particolarmente dettagliati. Inoltre, è presente l’horror vacui, un altro elemento che caratterizza le opere della pittura fiamminga. Si tratta della propensione a riempire l’intera superficie del dipinto con figure e piccoli particolari evitando di lasciare spazi vuoti. Queste caratteristiche si contrappongono così allo stile classico, tipico delle opere del territorio italico, connotato da equilibrio e sintesi.
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