Il Martirio di san Matteo di Caravaggio è un’opera che interpreta con lo stile più noto dell’artista la morte del Santo avvenuta in una chiesa.
Caravaggio, Martirio di san Matteo, 1600-1601, olio su tela, 323 x 343 cm. Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli
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Indice
Descrizione del Martirio di san Matteo di Caravaggio
La scena del martirio di San Matteo di Caravaggio si articola intorno all’esecutore della condanna. L’uomo vestito solamente da un panno che gli cinge la vita, è dipinto nell’atto di colpire San Matteo sdraiato a terra. Intorno al capo porta un nastro bianco che stringe i capelli folti e ricci. Il suo viso è teso e l’espressione è estremamente aggressiva. Anche la posa mette in risalto una corporatura muscolosa e nervosa. Le gambe sono possenti e i piedi grandi sono posati con decisione sui gradini della chiesa. Con la mano sinistra afferra con forza il polso di San Matteo e con la destra brandisce la spada. Il braccio inoltre sembra spostarsi leggermente indietro come per prendere lo slancio per infilzare la lama nel corpo.
Il Santo si trova in basso al centro del quadro. Sopra di lui incombre il sicario che lo ucciderà attraverso la ferita di spada. Matteo indossa una tunica bianca coperta da paramenti scuri che si sollevano nella violenza dell’azione. Il suo sguardo è rivolto in alto, in direzione dell’angelo che gli porge la palma. Infatti la mano destra del martire si apre per accogliere lo stelo che scende dall’alto.
Sulla destra in alto appare tra le nubi l’angelo in forma di adolescente. Il suo corpo è nudo e parzialmente nascosto dalle nuvole. Indossa un paio di ali piumate e si sporge verso il basso per offrire la palma al Santo. I personaggi che affollano il quadro sono probabilmente i fedeli presenti durante la Messa, alla fine della quale si svolge la drammatica scena. Infine un ragazzo scappa sulla destra e altri uomini escono di scena sulla sinistra.
Interpretazioni e simbologia del Martirio di san Matteo di Caravaggio
Generalmente San Matteo è rappresentato come un uomo anziano e con la barba. È affiancato da un angelo che lo ispira o lo aiuta a scrivere il Vangelo guidandogli la mano. Poiché lo strumento della sua morte è una spada spesso quest’arma viene dipinta accanto a lui nelle opere che non ricordano direttamente il momento della sua morte avvenuta in chiesa per mano del sicario del re Itarco. Infine da osservare che Caravaggio si è rappresentato in fondo a sinistra prestando il suo volto ad un personaggio che osserva la scena.
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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione
Francesco Maria del Monte, il cardinale protettore di Caravaggio, commissionò l’opera. Il quadro inoltre fa parte di una serie di dipinti realizzati a Roma dall’artista tra il 1597 e il 1603 che raccontano la vita di San Matteo sono la Vocazione di San Matteo e il San Matteo e l’angelo. L’opera si trova a Roma presso la Chiesa di San Luigi dei Francesi esposta all’interno della Cappella Contarelli.
La storia dell’opera Martirio di san Matteo di Caravaggio
Probabilmente su questa tela esistono alcune sovrapposizioni. Secondo un esame radiografico sembra che Caravaggio dipinse tre versioni diverse dell’immagine. Sempre secondo la ricostruzione radiografica la prima versione è più classica con il frontone di un tempio dipinto nello sfondo. Inoltre, al centro un soldato si dirige verso la figura di San Matteo. Nella seconda revisione poi i gesti diventano più teatrali. La terza versione infine è quella che oggi possiamo osservare immersa in un buio profondo.
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Lo stile del Martirio di san Matteo di Caravaggio
La scena del martirio mette in primo piano più il carnefice che San Matteo. Inoltre risulta coerente con l’intento di Caravaggio di rappresentare il reale nella sua forma più cruda. Il Martirio infatti ricorda una scena di violenza di strada, un’aggressione, e si discosta dall’iconografia tradizionale che tende a patinare un avvenimento così sacro e a trasfigurarlo con luce divina. Tutti i particolari di una umanità drammatica e brutale sono esaltati, non omessi o sfumati. I corpi, ignudi, sono particolarmente realistici, non eccessivamente torniti come quelli di altre opere, sebbene l’anatomia e i movimenti degli arti, siano efficaci soprattutto nella figura centrale. I due personaggi nudi in basso ricordano alcune figure della Cappella Sistina di Michelangelo.
La tecnica del Martirio di san Matteo di Caravaggio
Il Martirio di San Matteo è un dipinto ad olio in velatura di 323×343 cm di dimensioni.
Il colore e l’illuminazione
I colori dell’opera sono cupi ed emergono dal chiaroscuro contrastato. Le tonalità passano quindi velocemente dall’ombra profonda alla luce più intensa. La maggior parte dei colori è calda, bruna, dorata o rossastra. Per equilibrare questo calore Caravaggio ha dipinto panneggi azzurri, blu e verdi distribuendoli uniformemente sulla sua tela. Questi colori sono distribuiti ai vertici di un rettangolo ideale, dallo sviluppo orizzontale, segnato dal ragazzo che scappa e le figure degli ignudi in basso.
Il gioco di luci e ombre, dai contrasti molto forti, come tipico di Caravaggio, contribuiscono alla drammaticità della scena. Formano inoltre un vortice di movimento intorno all’azione centrale del martirio. L’unico ad essere completamente illuminato, anche se non completamente, è proprio San Matteo. Gli altri personaggi mostrano poi una illuminazione funzionale alla composizione e alla resa teatralmente dinamica dello spazio. La scena infine si staglia contro uno spazio buio e illuminato solamente dalle luci riflesse.
Lo spazio
Lo spazio all’interno del quale è rappresentato il Martirio di San Matteo pare quello di una chiesa poiché sullo sfondo si intravede un altare con la croce greca e un fonte battesimale. La scena centrale e i personaggi sono posizionati su di un palcoscenico inclinato, che ricorda molto chiaramente la tipologia di rappresentazione prediletta da Caravaggio.
La composizione e l’inquadratura
La composizione del Martirio di San Matteo di Caravaggio è centrale. L’opera infatti è quasi di proporzioni quadrate. Questa centralità permette di ottenere, visivamente una grande forza attraverso le linee di composizione che si dipartono dai vertici del quadro per incrociarsi esattamente al centro.
La figura del sicario, insieme a quella di San Matteo, sdraiata a terra, forma un triangolo rettangolo con la base corta che coincide con il corpo del Santo. Il lato lungo è rappresentato dalla gamba dell’uomo e dalla busto. Completano la figura geometrica il braccio del carnefice e la sua mano che afferra il polso di San Matteo.
Le linee compositive
Una direttrice parte dall’angolo in alto a destra e corre lungo la nuvola sulla quale si trova l’angelo che porge la palma del martirio. Prosegue poi lungo la parte illuminata del boia e finisce con l’uomo seduto ai piedi del Santo, appoggiato con le due braccia simmetricamente su di un gradino. La seconda direttrice si sviluppa lungo la diagonale opposta partendo dall’uomo di schiena realizzato esattamente nell’angolo in basso a destra, si muove lungo il braccio del Martire che viene afferrato da quello dell’uomo nudo che lo ucciderà e si porta all’angolo in alto a sinistra verso l’uomo vestito con abiti nobili e un cappello di piume.
Le uniche linearità orizzontali sono rappresentate da qualche elemento architettonico sullo sfondo e dal corpo disteso a terra di San Matteo. Nell’insieme prevalgono le linee oblique che danno una maggiore drammaticità e rendono un gran movimento, quasi convulso, alla scena. L’occhio dell’osservatore si sposta velocemente lungo le direttrici, la spada che è destinata a uccidere San Matteo, il braccio dell’uomo che blocca quello del Santo, il ragazzo che fugge spaventato dal lato destro. Inoltre risultano molto evidenti i gesti dei personaggi che entrano ed escono di scena come il gruppo dei soldati a sinistra che sembrano fuggire velocemente.
Approfondimento. Matteo il pubblicano
San Matteo è considerato dalla Chiesa cattolico-cristiana un apostolo e un evangelista, cioè uno dei quattro autori dei Vangeli riconosciuti ufficialmente. Gli altri evangelisti sono Giovanni, Luca e Marco.
Matteo nacque a Cafarnao nel 42 a. C. e secondo il racconto evangelico era esattore delle tasse per conto dei romani che occupavano il territorio e vessavano il popolo ebraico. Matteo era anche conosciuto come Levi il pubblicano proprio a causa del suo mestiere ed era odiato dalla popolazione. Infatti, in termine pubblicano, nel mondo romano, indicava l’appaltatore delle tasse su nomina delle autorità di Roma. Il termine deriva dal latino publicānus, dalla radice publĭcum che si può tradurre in taliano come tesoro pubblico. Matteo quindi pagava un appalto all’amministrazione romana per esigere le imposte. Il rancore che la popolazione nutriva nei confronti dei pubblicani derivava dagli abusi che spesso gli esattori compivano a loro vantaggio esercitando l’usura. Inoltre la religione ebraica considerava un peccato maneggiare il denaro.
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Bibliografia
- Gianni Papi, Caravaggio, Giunti Editore, Collana: Dossier d’art, 2016; 2017, EAN: 9788809994270
- M. C. Terzaghi, Caravaggio Napoli. Catalogo della mostra (Roma, 12 aprile-14 luglio 2019), 2019, M. C. Terzaghi Editore: Mondadori Electa, EAN: 9788891824004
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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 4 gennaio 2022.
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