Olympia di Édouard Manet

Olympia di Édouard Manet è un celebre dipinto dallo stile rivoluzionario che suscitò un grande dibattito in occasione della sua esposizione al Salon di Parigi del 1865.

Édouard Manet, Olympia, 1863, olio su tela, 130,5 x 190 cm. Parigi, museo d’Orsay

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Indice

Descrizione di Olympia di Édouard Manet

Una giovane donna priva di abiti è distesa su un letto rivolta verso il fronte del dipinto. Il suo viso non rivela alcuna emozione e lo sguardo acuto è puntato in avanti. La protagonista indossa solamente alcuni gioielli, orecchini di perla e un bracciale. Intorno al collo poi è annodato un laccetto nero e sottile. Ai piedi porta un paio di zoccolette gialle mentre tra i capelli spunta un’orchidea rossa. Il braccio sinistro è piegato e sostiene il busto, invece la mano destra copre il pube della ragazza.

A destra del dipinto, una donna di colore guarda la protagonista porgendo un mazzo di fiori avvolto in una carta bianca. Accanto a lei poi un gatto nero alza la coda e guarda con sospetto in avanti.

Il materasso è coperto da lenzuolo bianco sgualcito mentre grandi cuscini sostengono il busto della giovane. Sotto di lei inoltre spunta un telo giallo decorato con motivi a fiori. L’ambiente è minimamente descritto e molto sobrio. A sinistra, si individuano un paravento marrone e una tenda verde scostata in alto.

Interpretazioni e simbologia di Olympia di Édouard Manet

Manet nel dipinto Olympia propose una nuova interpretazione del nudo femminile, un genere appartenente alla tradizione della pittura occidentale. L’artista infatti ricorse ad una rappresentazione diretta e priva di compromessi con la morale borghese dell’epoca. La prostituta è quindi rappresentata in modo prosaico senza veli, anche fisicamente, e con un linguaggio crudo. Al posto del nudo idealizzato, Manet propose una immagine fredda e realista di una giovane cortigiana. La sua figura infine non è rivisitata con filtri mitologici, allegorici o simbolici ma rappresenta solo una prostituta nuda. Anzi, la posa che la tradizione classica assegna a Venere viene qui destinata alla rappresentazione del meretricio.

Olympia infatti era un soprannome molto comune riservato alle cortigiane nell’Ottocento. Il gatto nero poi era un simbolo erotico legato alla sessualità femminile. Inoltre la serva che porge un mazzo di fiori espone l’offerta di un cliente.

Alcuni dettagli chiariscono inoltre il contesto del dipinto. Le lenzuola sono sgualcite e indicano che la ragazza passa molto tempo adagiata. L’orchidea rossa fra i capelli è un segno di sensualità. Anche i gioielli indossati senza troppa raffinatezza segnalano la vita pubblica della giovane.

I riferimenti alla tradizione

Manet fece riferimenti diretti però a opere del passato quali la Venere di Urbino di Tiziano, la Maja desnuda di Goya e Vélasquez. Inoltre riprese i personaggi dell’odalisca e della schiava nera da autori come Ingres. Nel territorio veneto poi tale iconografia era tipica della tradizione del Cinquecento.

La Venere dipinta da Tiziano dallo sguardo ammaliante, simbolo di femminilità e fedeltà domestica, diventa nell’opera di Manet una prostituta che guarda sfrontatamente verso l’osservatore. Tale immagine ricordava anche le prime fotografie di giovani donne che lavoravano nelle case di tolleranza dell’epoca.

Il dipinto quindi offrì molti aspetti provocatori nei confronti di coloro che sostenevano la tradizione accademica e la morale borghese. Intanto le forme prive di modellato e circondate dai toni neri sono esplicitamente esposte. Poi la giovane donna offre uno sguardo deciso e diretto, privo di pudore per la sua nudità cosi esposta. Nonostante questo Manet non era interessato a provocare i tradizionalisti, quanto a rappresentare il vero senza filtri morali.

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Manet espose l’Olympia in occasione del Salon di Parigi del 1865.

Claude Monet, il maestro impressionista, nel 1890, organizzò una sottoscrizione pubblica per offrire il dipinto allo Stato francese. L’opera dal 1890 al 1907 si trovò così al Musée du Luxembourg di Parigi. Nel 1907 l’amministrazione dei musei lo attribuì poi al Museo del Louvre di Parigi dove rimase dal 1907 al 1947. Dal 1947 al 1986 fu sempre di proprietà del Museo del Louvre ma esposto alla Galleria Jeu de Paume. Infine nel 1986 il comune di Parigi lo destinò al Musée d’Orsay.

L’artista e la società. La storia dell’opera Olympia di Édouard Manet

Manet progettò con attenzione l’opera e l’idea di realizzare un nudo di tale impatto era già nelle sue intenzioni durante il viaggio in Italia dal settembre del 1853. In tale occasione infatti realizzò un disegno della Venere di Urbino di Tiziano. L’artista disegnò anche una copia del dipinto di Goya, la Maja, conosciuto grazie a stampe calcografiche. Di questa attenta preparazione rimangono molti disegni e vari bozzetti.

Victorine Meurent nel 1863 posò per offrire la sua immagine alla figura di Olympia. La giovane era infatti la modella preferita di Manet negli anni Sessanta dell’Ottocento.

La giuria del Salon parigino del 1865 accettò l’opera temendo l’organizzazione di un nuovo “Salon des refusés”, come era avvenuto già nel 1863. Il soggetto rappresentato nel dipinto suscitò però diverse critiche. Lo stile diretto e privo del filtro neoclassico o mitologico determinò infatti la condanna dell’opera. Anche il pittore realista Gustave Courbet non apprezzò le novità del dipinto. I detrattori criticarono la scelta di rappresentare un corpo nudo femminile con un realismo che giudicarono offensivo. Infatti la posa, le forme non idealizzate e i colori suscitarono la loro indignazione. Sull’onda emotiva alcuni visitatori della mostra cercarono di distruggerla e gli organizzatori del Salon misero due poliziotti a protezione del dipinto.

Alcuni intellettuali però si schierano in difesa dell’opera come Charles Baudelaire. Lo scrittore Èmile Zola considerò l’immagine una convincente rappresentazione della realtà vicina anche alle descrizione di alcuni suoi personaggi come quello di Nana.

Consulta anche l’articolo intitolato: I libri utili alla lettura dell’opera d’arte.

Consulta anche l’articolo intitolato: La scheda per l’analisi dell’opera d’arte.

Lo stile di Olympia di Édouard Manet

Manet dipinse l’Olympia con lo stesso stile di rottura che utilizzò anche ne La colazione sull’erba. Le figure non sono modellate con le mezze tinte del chiaroscuro. Inoltre le campiture che costruiscono le forme non sono sfumate ma piatte. Infatti Manet per ritagliare le figure e i dettagli dello spazio ricorse a contrasti di luminosità, di temperatura cromatica e tra colori complementari.

La tecnica

Olympia di Edgar Manet è un olio ad impasto su tela di 130,5 x 190 cm.

Il colore e l’illuminazione

Il dipinto di Manet, coloristicamente, è risolto grazie a diversi contrasti. Infatti le figure in primo piano si staccano dallo sfondo scurissimo perché sono molto chiare. Inoltre la veste della domestica è rosa, dipinta contro lo sfondo verdastro e freddo. Il panneggio del lenzuolo è reso con toni azzurrini che contrastano per complementarietà con il marrone arancio del pavimento e del paravento.

La scena è illuminata da una luce diretta e cruda che proviene dal fronte del quadro. Virtualmente giunge così dallo spazio nel quale si trova l’osservatore. È quindi una illuminazione che svela senza alcuna discrezione il corpo della giovane. Infatti la luce non crea alcuna atmosfera ma sembra illuminare un set espositivo che valorizza un prodotto piuttosto che svelare un corpo femminile.

Lo spazio

La scena ritrae un ambiente chiuso che si intravede sullo sfondo scuro. Come ne la Colazione sull’erba, la prospettiva geometrica è azzerata e i dettagli ambientali suggeriscono la presenza di una stanza annullando la profondità.

La composizione e l’inquadratura

Il dipinto è di forma rettangolare e formato orizzontale. L’inquadratura poi è piuttosto semplice e permette la rappresentazione del letto di profilo che traversa l’intera superficie in larghezza.

La struttura compositiva infine è ordinata su semplici linee ortogonali che creano una griglia sulla quale si inserisce il busto leggermente obliquo della protagonista.

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Bibliografia

  • Gérard Georges Lemaire, Manet, Giunti, Collana: Dossier d’art, 2017, ISBN: 9788809990654

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 3 agosto 2020.

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