Arte e fascismo in Italia

Arte e fascismo in Italia propone una serie di opere d’arte del periodo fascista, sculture e dipinti sul fascismo e sul suo duce, Benito Mussolini.

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L’arte del periodo fascista in Italia cioè del Ventennio che va dagli anni Venti agli anni Quaranta del Novecento non è stata sufficientemente divulgata a causa del pregiudizio politico sorto nel dopoguerra e durato per tutta il resto del Novecento. Ha trovato poco spazio infatti l’arte sostenuta dall’ufficialità dell’epoca. Invece, gli artisti e i gruppi d’opposizione sono stati maggiormente presi in considerazione dagli storici. Molti di questi artisti, che compaiono nei manuali scolastici di storia dell’arte, sono stati i protagonisti dell’arte italiana del secondo Novecento. Questo si deve al fatto che, già a partire dalla seconda metà degli anni Quaranta del Novecento con la fine del conflitto e il declino del regime fascista, l’ambiente culturale e artistico in Italia è stato amministrato dalla componente di sinistra.

Così la critica d’arte più schierata ha privilegiato le opere degli artisti che già durante il fascismo si erano opposti e di quelli che nel dopoguerra hanno preferito rinnegare la partecipazione a mostre ed eventi ufficiali della regime. Anche la letteratura e la saggistica artistica si sono concentrate su movimenti e artisti dichiaratamente di sinistra tralasciando coloro che hanno continuato a realizzare opere religiose o distaccate dall’impegno politico.

L’arte del Ventennio fascista in Italia

Il Ventennio amministrato del regime fascista è stato però ricco di produzioni artistiche e architettoniche e molte sono state le rassegne nazionali che hanno riunito artisti di valore. In questo periodo si sviluppano idee e gruppi non legati strettamente al sostegno politico al regime come il gruppo Corrente di Treccani che assumerà un valore di opposizione ideologica. Alcuni dei suoi artisti confluiranno nei raggruppamenti schierati a sinistra delle neoavanguardie degli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento.

La propaganda visiva del Duce, Benito Mussolini

Gli storici di ogni derivazione politica sono concordi nel considerare il Duce italico, Benito Mussolini, un grande comunicatore. Se guardiamo la documentazione video del tempo, infatti, possiamo renderci conto di quanta esposizione mediatica praticava il capo del regime fascista. Il Duce parlava alle folle, immense distese di cittadini radunati nelle piazze. Mussolini arringava le masse in modo autoritario, utilizzano anche la postura e la mimica come strumenti di comunicazione, consapevole di essere ripreso dalle telecamere. Queste riprese, erano poi inserite nei Cinegiornali, intermezzi propagandistici e informativi proiettati nelle sale cinematografiche. Infatti, in assenza delle trasmissioni televisive, che saranno diffuse in Italia negli anni Cinquanta del Novecento, il cinema era un media frequentatissimo.

Gerardo Dottori, Benito Mussolini, il Duce, 1933
Gerardo Dottori, Benito Mussolini, il Duce, 1933

Un popolo in attesa di un condottiero

Benito Mussolini, consapevole del diffuso analfabetismo allora presente in Italia e della forza delle immagini, basò la sua propaganda su narrazioni visive. Il popolo italiano usciva dalla Prima Guerra Mondiale molto provato. Ad aggravare la situazione di tanti e costosi anni di guerra ci fu anche la pandemia dell’ influenza spagnola che uccise migliaia di persone. Il popolo era provato e aveva bisogno di una guida forte, ben evidente gli italiani necessitavano di un condottiero. L’Italia era giovane, aveva poco più che 50 anni. Non era quindi mai stata una nazione solida e vincente ma gli italiani avevano forse ancora in mente i fasti delle passate signorie. Volevano contare qualcosa sullo scenario politico europeo e internazionale e dimenticare le emigrazioni negli Stati Uniti, in America latina e il lavoro duro e sottopagato in Belgio e in altre nazioni europee.

Enrico Prampolini, Dinamica dell’azione. Miti dell’azione. Mussolini a cavallo, 1939
Enrico Prampolini, Dinamica dell’azione. Miti dell’azione. Mussolini a cavallo, 1939

La giovane Italia imperialista

Il Duce fu capace di intercettare queste aspettative e prospettare la grandezza dell’Italia attraverso il suo eloquio, le sue apparizioni teatrali e la propaganda mediatica. Mussolini utilizzò la carta stampata, la radio, il cinema i cinegiornali e l’arte per creare una mitologia popolare e autocelebrative. Fece riferimento alla grandezza dell’Impero romano, concepito come una diretta ispirazione del Nuovo Impero italico e promise una dignità nazionale ad ogni cittadino. Le sue parole, e le immagini della propaganda, infatti erano dirette al singolo, era un politico sociale. Mussolini parlava al suo popolo non alle élite, politicje, industriali o intellettuali. Questa comunicazione diretta fu la sua cifra vincente e si ritrova nella pubblicistica del tempo.

La politica del consenso

Il Duce, Benito Mussolini, portò quindi avanti una politica del consenso. Mussolini cercava il bagno di folla, gli applausi e gli inni cantati in suo onore da drappelli di ragazzi in divisa e ordinati in ranghi. Gli italiani erano veramente ammirati da questa retorica sociale, consapevolmente, osannavano il sovrano di turno, sperando di pranzare alla sua mensa? Io non c’ero e gli storici, con il loro lavoro, hanno scritto molte pagine su questo fenomeno sociale e mediatico, rivelando diverse verità, a volte contraddittorie. Sta di fatto che la politica del connsenso, per oltre un decennio funzionò, finché l’Italia di trovò complice di gravi crimini umanitari e scoppiò la rivolta.

Le premesse, l’arte delle Avanguardie storiche

Terminata la sperimentazione dell’Impressionismo e del Postimpressionismo, in Francia, a Parigi, si sviluppano le Avanguardie. Agli inizi del Novecento, artisti e intellettuali si confrontano e nascono diverse sperimentazioni che pongono le basi per tutta l’arte contemporanea. Infatti, l’arte visiva, per la prima volta si affranca della rrappresentazione realistica del mondo fino ad arrivare a rinnegare la figura.

Ricordiamo che, secondo la tradizione degli storici, nel 1910, il pittore Vasilij Kandinskij dipinge il Primo acquerello astratto. Nascono così esperienze che gli storici dell’arte hanno definito: Espressionismo, Fauves, Dadaismo, Surrealismo, Cubismo e Astrattismo. L’Italia ha contribuito con l’impegno di Filippo Tommaso Marinetti, promotore e fondatore insieme ad altri intellettuali e artisti del Futurismo. Contaminazioni di linguaggio hanno poi dato vita ad altre sperimentazioni non meno innnovative.

Primo acquerello astratto di Vasilij Kandinskij
Primo acquerello astratto di Vasilij Kandinskij

Il Bauhaus e lo spirito del tempo

Con le Avanguardie nascono nuovi linguaggi visivi, si sperimentano nuovi contenuti ma soprattutto, si proclama la morte dell’arte figurativa, in senso tradizionale. Il culmine di questa nuova visione dell’arte si manifesta nella fondazione della Staatliches Bauhaus, la scuola di arte e design attiva in Germania dal 1919 al 1933. In questo istituto le menti creative più brillanti e innovative d’Europa guidarono gli studenti verso un’espressività in linea con l’evoluzione tecnologica e sociale del tempo. Ancora oggi, le sperimentazioni condotte al Bauhaus, sono ben presenti nella comunicazione mediatica, nella progettazione architettonica e nel design.

La morte dell’arte non piaceva ai regimi totalitari

I risultati delle Avanguardie e gli studi condotti al Bauhaus, però, non piacevano ai regimi totalitari. Intanto, queste sperimentazioni erano nate all’interno di ambienti progressisti di politicamente di sinistra. Poi, non offrivano facili letture e interpretazioni da parte dell’opinione pubblica, ancora abituata alla figurazione tradizionale o a quella fotografica. Inoltre, come nel caso dell’Espressionismo, presentavano un’ideale umano malsano e deforme, ritratto di un’umanità degenerata, lontana dagli ideali di razze superiori ricercate dai regimi.

Questa visione culminerà con la mostra sull’arte degenerata, e alla messa al bando di decine di artisti da parte del regime Nazista. Adolf Ziegler, per conto del partito nazista inaugurò, a Monaco di Baviera il 19 luglio 1937, l’evento intitolato Die Ausstellung “Entartete Kunst”, appunto Mostra dull’arte degenerata. Fino al 30 novembre 1937, 650 opere, requisite nei musei tedeschi, furono esposte nell’Istituto di archeologia nell’Hofgarten, in ambienti sttretti o poco illuminati. Contemporaneamente, pressi di Hofgarten, nella Haus der Deutschen Kunst, fu allestita una grande mostra d’arte tedesca con opere dallo stile classico e più adeguate agli scopi propagandistii del regime nazista.

Il Duce e l’arte di Avanguardia

In Italia il capo del regime fascista, Benito Mussolini, non fu particolarmente ostile ai movimenti di Avanguardia. Infatti, rimane celebre la sua dichiarazione rilasciata in occasione di una importante mostra nazionale: “Dichiaro che è lungi da me l’idea di incoraggiare qualche cosa che possa assomigliare all’arte di stato. L’arte rientra nella sfera dell’individuo”. Invece, il Duce puntò sulla riorganizzazione delle manifestazioni ufficiali, per allestire un apparato nazionale, sotto il controllo del regime, utile ad una efficace propaganda culturale e politica.

Così, già nel 1927 istituì la Quadriennale di Roma, vetrina prestigiosa dell’arte italica. Inoltre, appesantì il controllo statale sulla Biennale di Venezia, fondata nel 1895, che divenne un’emanazione parastatale del Ministero della cultura. Per sancire definitivamente questo controllo, Mussolini, nel 1937, ufficializzò l’istituzione di un Ministero della cultura popolare, il MinCulPop, che controllava ogni evento pubblico e la comunicazione dei media.

Le grandi decorazioni pubbliche

Come detto, quindi, il Duce, almeno in un primo tempo, non fu interessato ad imporre temi o soggetti utili alla diffusione dell’idea fascista. La sua premura era invece di favorire un’arte facilmente comprensibile al popolo e facilmente fruibile. Quindi, non fu sicuramente nelle sue priorità intervenire con imposizioni e normative nella produzione privata, ma nella decorazione di edifici pubblici.

Le statue dello stadio dei marmi di Roma
Le statue dello stadio dei marmi di Roma

Furono quindi favorite grandi opere come decorazioni murarie in affresco e mosaico, di stazioni, palazzi di giustizia e altre architetture di grande respiro. Di grande effetto fu la scelta di decorare lo stadio Olimpico di Roma, allora detto Foro Mussolini o Foro Italico. Il Regime diede il via alla costruzione dello Stadio all’iniziò sel 1928 e lo inaugurò il 4 novembre 1932. Nel 1930 fu indetto un concorso per la realizzazione delle statue di atleti che avrebbero decorato il foro. Nel complesso furono realizzate 60 statue in marmo offerte dalle 92 province d’Italia il cui nome è inciso alla base della statua. A queste si aggiungono quattro statue in bronzo di Aroldo Bellini.

Leggi anche: Le statue dello stadio dei marmi di Roma

Capolavori nascosti. Arte e fascismo in Italia

Negli anni alcuni storici dell’arte hanno acceso i riflettori sull’arte italiana degli anni Venti e Trenta. Vittorio Sgarbi nel 2024 ha pubblicato Arte e Fascismo, un testo innovativo, che rivela alcuni capolavori e chiarisce il rapporto che ebbe il regime fascista con gli artisti.

Arte e fascismo. La mostra al Mart di Rovereto

Vittorio Sgarbi ha ideato la mostra Arte e fascismo che si è tenuta presso il Mart di Rovereto dal 14 aprile al 29 settembre del 2024. Da tempo, in Italia, si sentiva il bisogno di tracciare con chiarezza la storia delle arti nel periodo più controverso del Paese. Il progetto espositivo, A cura di Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari, ha illustrato quanto l’arte del Ventennio sia stata ricca di stili e di idee. Così, gli artisti, che sono stati incaricati dal Regime di creare arte e architettura di propaganda, hanno guardato al passato, ai decenni precedenti. Inoltre hanno utilizzato ogni risorsa che offrivano le arti applicate dell’epoca, forti dell’esperienza del Liberty di inizio Novecento. Vittorio Sgarbi ha avuto il coraggio, per la prima volta dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, di utilizzare esplicitamente la parola fascismo per un grande evento pubblico.

Approfondimenti

Realismo socialista

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Arte e Nazismo in Germania

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Realismo eroico

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Gli artisti soldato

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Arte e olocausto

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Arte e fascismo. La Giustizia di Mario Sironi

La Giustizia di Mario Sironi
La Giustizia di Mario Sironi

Mario SironiLa Giustizia, 1936-38, Mosaico, dimensioni?. Milano, Palazzo di Giustizia

Nel grande mosaico di Mario Sironi la giustizia è rappresentata in chiave allegorica e circondata da altre figure. Mario Sironi fu un artista molto vicino agli ambienti milanesi del regime fascista. Inoltre ebbe un ruolo attivo nel mondo della cultura e dell’arte ufficiali. Infatti organizzò mostre ed eventi in Italia e fu tra i fondatori del gruppo Novecento nato nel dicembre 1922 a Milano intorno alla galleria di Lino Pesaro. Il mosaico si trova all’interno del Palazzo di Giustizia di Milano un grande complesso architettonico progettato dall’architetto Marcello Piacentini.

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Arte e fascismo. L’Italia corporativa di Mario Sironi

L'Italia corporativa di Mario Sironi
L’Italia corporativa di Mario Sironi

Mario Sironi, L’Italia corporativa, 1936-1937, Mosaico, dimensioni?

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Arte e fascismo. Profilo continuo di Renato Giuseppe Bertelli

Profilo continuo di Renato Giuseppe Bertelli
Profilo continuo di Renato Giuseppe Bertelli

Renato Giuseppe BertelliProfilo continuo, 1933, bronzo, 42 x 25 cm.

Guido Bertelli fu un artista appartenente al secondo futurismo toscano negli anni Trenta del Novecento. Sebbene il futurismo non fu l’arte ufficiale del regime fascista molti futuristi proposero immagini celebrative del Duce. Guido Bertelli tra il 1926 e il 1927 scolpì i rilievi architettonici che rivestivano le colonne laterali all’ingresso della Casa dei Sindacati Fascisti delle Signe a Ponte a Signa progettata dall’architetto Adolfo Coppedè.

L’artista brevettò la sua opera intitata Profilo continuo il 26 luglio 1933. La scultura divenne così un’opera iconica che contribuì alla diffusione mediatica della figura del Duce. Nel decennio seguente infatti ebbe una grande diffusione in Italia e all’estero, presso Case del Fascio, uffici e abitaziono private. L’opera coniuga Art Deco e Futurismo nell’esaltazione della linea curva, elemento principale del Futurismo anche nelle architetture degli anni Trenta del Novecento. Infine la scultura offre il profilo riconoscibile di Benito Mussolini da ogni punto di vista. Simbolicamente, il Duce diventa così un capo insonne e vigile.

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Marcia su Roma di Giacomo Balla

Marcia su Roma di Giacomo Balla
Marcia su Roma di Giacomo Balla

Giacomo BallaMarcia su Roma (retro), 1932 e il 1935, olio su tela, Torino, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli

Giacomo Balla è noto al grande pubblico soprattutto per le sue opere futuriste. L’artista infatti aderì in modo convinto al Futurismo di Marinetti tanto da firmare i suoi dipinti con il nome di FuturBalla. L’artista però fu uno sperimentatore e in gioventù fu autore di opere divisioniste. Terminata la stagione futurista, con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, negli anni successivi adottò una pittura figurativa più consona alle necessità di propaganda del regime fascista.

Marcia su Roma celebra l’episodio più eclatante e mediatico della iniziale parabola fascista. Il dipinto si trova nel retro di un dipinto futurista dal titolo Velocità astratta del 1913, ed è esposto a Torino presso la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli. L’intenzione di Balla di trascurare l’opera precedente stà nel fatto di aver realizzato la Marcia su Roma capovolta rispetto all’opera futurista. Il dipinto si basa su una foto dell’epoca scattata due giorni dopo la marcia, il 30 ottobre 1922. Balla lo dipinse probabilmente nel decennale dell’inizio della Rivoluzione Fascista.

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Un italiano di Mussolini, ritratto aereo di Mario Carli di Gerardo Dottori

Un italiano di Mussolini, ritratto aereo di Mario Carli di Gerardo Dottori
Un italiano di Mussolini, ritratto aereo di Mario Carli di Gerardo Dottori

Gerardo DottoriUn italiano di Mussolini, ritratto aereo di Mario Carli, 1931, olio su tela. Genova, Galleria d’Arte Moderna

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Aeroritratto di Mussolini di Alfredo Gauro Ambrosi

Aeroritratto di Mussolini di Alfredo Gauro Ambrosi
Aeroritratto di Mussolini di Alfredo Gauro Ambrosi

Alfredo Gauro Ambrosi, Aeroritratto di Mussolini aviatore, 1930

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Incipit Nova Aetas di Plinio Nomellini

Incipit Nova Aetas di Plinio Nomellini
Incipit Nova Aetas di Plinio Nomellini

Plinio NomelliniIncipit Nova Aetas, 1924, olio su tela, 408 x 310 cm. Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

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Il busto di Benito Mussolini di Adolfo Wildt

Il busto di Benito Mussolini di Adolfo Wildt
Il busto di Benito Mussolini di Adolfo Wildt

Adolfo Wildt, Il busto di Benito Mussolini, 1923/post 1925-ante 1931, fusione in bronzo, 135 x 57.5 x 90.5 cm. Milano, Galleria d’Arte moderna

Adolfo Wildt realizzò una prima maschera di Benito Mussolini commessionata da Margherita Sarfatti 1923 per la Casa del Fascio di Milano. Nel 1945 i partigiani la distrussero a colpi di piccone per segnare la fine del regime, eliminando l’icona più rappresentativa. Lo scultore fu allievo dello scapigliato Giuseppe Grandi e nel primo dopo guerra partecipò alle mostre organizzate dalla Sarfatti intitilate Novecento italiano.

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Bibliografia

  • Giuseppe Pagano, Architettura e Città durante il Fascismo, Laterza, Bari, 1976
  • Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Le arti e il fascismo, Giunti, Collana: Dossier d’art, 2014, ISBN: 9788809774704
  • Michele Dantini, Arte e politica in Italia-Tra fascismo e Repubblica, Donzelli editore, Collana: Saggi. Arti e lettere, 2018, ISBN: 9788868438111
  • Vittorio Sgarbi, Arte e Fascismo, La nave di Teseo, collana Le Onde. 2024, EAN 9788893950572

Consulta la pagina dedicata al dipinto di Mario SironiLa Giustizia, sul sito del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Filippo De Pisis di Ferrara.

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