Bronzi di Riace

I Bronzi di Riace sono due statue greche rinvenute sulle sponde della Calabria, in Italia, il 16 agosto 1972 nei pressi di Riace Marina.

Bronzi di Riace, 460-430 a.C., bronzo, altezza 198 cm. Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale

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Indice

Descrizione dei Bronzi di Riace

Le statue raffigurano due guerrieri nudi in posizione stante e con le armi impugnate. In origine, con molta probabilità, le statue erano completate con un elmo corinzio, uno scudo e una lancia da oplita. Gli studiosi hanno valutato le tracce presenti sul bronzo per ipotizzare la presenza di queste armi.

Bronzo A

Il bronzo a presenta una fascia che stringe la testa poco sopra le tempie. Gli storici ipotizzano che si tratti della fascia di lana che proteggeva la pelle dal metallo dell’elmo. Su questa fascia è presente una sporgenza triangolare con la punta verso l’alto che coincide con un particolare dell’elmo corinzio e che si trova tra il paranuca e le paragnatidi. Inoltre sulla nuca del guerriero si trova la base d’appoggio per il paranuca. Infine, il foro che si trova in alto, sul capo, era un ulteriore sostegno per l’elmo che poggiava in alto, sulla fronte.

La posizione rialzata dell’elmo permetteva di osservare i particolari del viso e la lavorazione dei capelli. Nel braccio sinistro si coglie la presenza del porpax, un appiglio di sostegno per lo scudo che però non è stato ritrovato e le maniglie per la presa delle mani. Le armi sono scomparse ma dalla posizione delle dita sembra che il bronzo a stringesse il legno della lancia tra l’indice e il medio.

Bronzo B

Il bronzo b presenta una testa più ristretta e quindi, rispetto al bronzo a non ha la necessità di un espediente per la tenuta dell’elmo. Inoltre non presenta capelli e la superficie della fronte è segnata da puntini. La pelle del cranio assume così l’aspetto di pelle conciata che rappresentava forse un caschetto di cuoio da indossare sotto l’elmo. Questa ipotesi è rafforzata dalla presenza di un solco tra la barba nel quale passava il sottogola del caschetto. Anche il braccio sinistro del bronzo b presenta il porpax a sostegno dello scudo e le maniglie di aggrappo. Secondo la ricostruzione degli storici, quindi, i due guerrieri stringevano l’hoplon, lo scudo dell’oplita. Il bronzo b probabilmente stringeva la lancia con il palmo della mano.

Interpretazioni e simbologia dei Bronzi di Riace

L’identità delle due sculture non è nota. Secondo gli storici rappresentano o dei o eroi. Questa ipotesi è suffragata dal fatto che gli autori utilizzarono un bronzo molto costoso e si impegnarono in una lavorazione attenta e complicata. Una ipotesi alla quale sono giunti gli storici in seguito alle attenta osservazione è quella che le due statue siano guerrieri eroizzati. Inoltre probabilmente facevano parte di un solo gruppo statuario.

In seguito alla valutazione degli storici dell’arte le due sculture sono considerate dei capolavori di scultura greca. Inoltre proprio per la loro autenticità e la loro integrità sono importanti testimonianze dirette delle maestranze scultore dell’età classica.

L’eccezionalità del ritrovamento sta anche nel fatto che sono giunte fino a noi pochissime sculture in bronzo originali. Infatti molte delle statue greche sono note attraverso le copie in marmo di epoca romana. Rimangono gli originali dell’Auriga di Delfi e del Cronide di Capo Artemisio.

Gli opliti

Gli storici hanno ipotizzato che i bronzi di riace rappresentino due soldati greci accompagnati da armi in dotazione agli opliti. L’oplita, detto anche oplite fu il termine con il quale era indicato il soldato di fanteria nell’Antica Grecia. In greco antico si scrive Ὁπλίτης, e si pronuncia hoplìtes. Gli opliti indossavano una particolare armatura detta panoplia.

La panoplia e le armi degli opliti

La panoplia, l’armatura degli opliti era costituita da un elmo a protezione del capo, in greco detto kranos. Il corpo era protetto da una corazza tessuta in lana o in lino e cuoio lavorati chiamata linothorax. I modelli di corazza più elaborati erano in bronzo detti thorax. I fanti greci portavano poi schinieri in bronzo o in cuoio oppure un’ocrea. Le armi erano rappresentate da una corta spada in ferro detta xiphos, da una lancia detta dory, ed infine da uno scudo bronzeo di forma rotonda chiamato hoplon. Lo scudo era dotato di un passante centrale detto porpax e dall’impugnatura lungo il bordo chiamata antilabē.

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I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione

I Bronzi di Riace sono custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria dove furono trasferiti il 12 dicembre 2013. Le statue, infatti si trovavano, precedentemente presso Palazzo Campanella sede del Consiglio Regionale della Calabria. La cittadinanza di Reggio Calabria ha elevato i Bronzi a simbolo della città.

Il MArRC, Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria

Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è allestito presso Palazzo Piacentini e ospita importanti reperti che testimoniano la presenza della cultura greca nel territorio. Le attuali Regioni italiane Calabria e Sicilia, infatti, furono tra le principali colonie greche e sono definite dagli storici come Magna Grecia. Le sale del museo offrono la possibilità di ammirare vasellame, gioielli, armi, manufatti e utensili. Grande spazio ha quindi la pittura vascolare rappresentata da esemplari del periodo a figure nere e di quello a figure rosse. Le autorità cittadine istituirono nel 1882 il Museo civico, che raccoglieva testimonianze della storia cittadina nell’ottica della neonata Unità d’Italia.

Il Museo è diventato uno tra i più importanti musei archeologici in Italia in seguito all’istituzione delle autonomie operata dalla Riforma del MiBACT del 2014. Marcello Piacentini è l’architetto progettista del palazzo che ospita le collezioni.

Marcello Piacentini l’architetto del palazzo del MArRC

Piacentini fu un importante architetto italiano, attivo soprattutto tra il 1910 e il 1940. L’architetto è ricordato come ideologo del monumentalismo dell’epoca fascista e per questo, dal Secondo dopoguerra, la sua memoria è stata considerata con forte riserbo da parte della storiografia di sinistra. Partì da una formazione vicina al linguaggio architettonico dello Jugendstil tedesco e della Secessione viennese. In seguito alla formazione di respiro internazionale e ai viaggi in Austria e Germania, Piacentini venne a contatto con il Classicismo protorazionalista. Questo stile fu la fonte di ispirazione principale per l’architettura del regime nazista, di cui fu protagonista l’architetto personale di Adolf Hitler, Albert Speer. Piacentini, invece elaborò un modernismo moderato frutto del compromesso tra funzionalismo e classicismo tradizionale.

Piacentini progettò il palazzo che ospita il MArRC che fu realizzato tra il 1932 e il 1941. L’edificio si ispira al classicismo monumentale e presenta un basamento bugnato in pietra lavica scura. Le decorazioni applicate sulla facciata principale si ispirano a quelle presenti sulle monete delle città della Magna Grecia. Questo edificio è considerato dai teorici dell’architettura un importante esempio di sede museale. Infatti Piacentini lo progettò proprio a tale scopo dopo aver visitato i più importanti musei d’Europa.

L’artista e la società. La storia dell’opera Bronzi di Riace

I Bronzi di Riace risalgono probabilmente al V secolo avanti Cristo e la loro provenienza è incerta. Alcuni storici ritengono che siamo stati fusi in Grecia o in Magna Grecia e altri in siceliota. Sono nate infatti diverse ipotesi sulla provenienza delle statue e sugli autori. Ad oggi però non vi sono elementi sicuri che lascino propendere per una o l’altra teoria Quindi il luogo di origine e lo scultore sono sconosciuti.

Il ritrovamento dei Bronzi di Riace

Le statue dei Bronzi di Riace sono emerse il 16 agosto 1972 nei pressi di Riace Marina in provincia di Reggio Calabria in Italia. Stefano Mariottini un giovane sub di Roma durante una immersione, intravide alcune parti di esse a 8 metri di profondità. Le sculture giacevano a 230 metri dalle coste. Mariottini vide per primo il braccio sinistro della Statua A che emergeva dalla sabbia del fondale. Secondo il rapporto di Stefano Mariottini le due statue nude giacevano una adagiata sul dorso e l’altra coricata su un fianco con una gamba ripiegata e uno scudo sul braccio sinistro.

In seguito i carabinieri del centro subacquei dell’Arma dei Carabinieri recuperarono le due statue. Un pallone gonfiato con l’aria delle bombole di respirazione portò in alto i bronzi. La Statua B emerse il 21 agosto 1972. Invece la Statua A emerse il 22 agosto. La Statua A inoltre cadde nuovamente sul fondo prima di essere recuperata una seconda volta.

Ipotesi sul naufragio

Rispetto all’epoca di naufragio gli storici considerano la presenza nelle statue dei tenoni in piombo alla base dei piedi. Questi particolari indicano che le due statue erano state già esposte al pubblico e fissate sui basamenti. Probabilmente si trovavano su una nave che trasportava opere d’arte destinate al commercio antiquario. L’affondamento della nave quindi considerato il periodo nel quale questo mercato fiorì a Roma potrebbe essere quello tra il I e il II secolo avanti Cristo e il I secolo dopo Cristo. In questo periodo inoltre si concentrò la maggiore attenzione dei collezionisti romani verso la cultura greca.

I restauri dei Bronzi di Riace

Il museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria

Già alla prima ispezione le due statue si presentarono perfettamente conservate, di colore bruno scuro e con alcune parti più chiare. Il modellato era pulito e privo di incrostazioni. Una volta recuperate le statue subirono i primi interventi di pulitura che rimossero le concrezioni marine. Furono i restauratori del museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria a eseguire il restauro. In seguito a questo primo intervento gli esperti confermarono l’autenticità delle opere attribuite poi alla scultura greca del V secolo avanti Cristo. I tecnici a Reggio e Calabria continuarono con il lavoro di pulitura fino al gennaio 1975. Infatti la sovrintendenza dei beni Archeologici di Reggio Calabria valutò che era impossibile procedere oltre con i limitati mezzi del laboratorio.

Soprintendenza Archeologica della Toscana

Il restauro successivo fu assegnato al centro di restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana che era nato in seguito all’alluvione del 1966 di Firenze. In questi laboratori i tecnici realizzarono approfondite analisi radiografiche sulle strutture al fine di valutare lo stato interno del bronzo. Tra le altre valutazione i tecnici scoprirono che il braccio destro della Statua B e l’avambraccio sinistro su cui era saldato lo scudo sono costituite da un bronzo diverso del resto della statua. Questo particolare fa pensare che la statua fosse stata danneggiata già in epoca classica e quindi riparata. Il restauro approfondito presso il laboratorio di Firenze durò 5 anni e si concluse il 15 dicembre 1980. L’amministrazione inaugurò quindi l’esposizione al pubblico con un evento durato sei mesi esponendo le statue presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze. In seguito le statue furono esposte a Roma.

I restauri degli anni Novanta del Novecento

Negli anni Novanta del Novecento comparvero poi altri effetti del degrado sul bronzo. I tecnici valutarono quindi che era necessario svuotare l’interno della delle statue dalla terra di fusione ancora presente. Inizialmente i restauratori dei laboratori di Firenze avevano valutato necessario lasciare delle parti di questi materiali di modellazione. L’intervento necessitò poi di utilizzare il nitrobenzolo come sostanza di contrasto alla formazione di pericolosi ossidi rameosi. Questa ulteriore pulizia interna terminò nel 1995 e i Bronzi tornarono presso il museo di Reggio Calabria.

I laboratori di Palazzo Campanella di Reggio Calabria

Un’ulteriore restauro fu condotto nel 2009 presso i laboratori di Palazzo Campanella, il palazzo della Regione. L’equipe di restauratori fu coordinata da Paola Donati e Nuccio Scherzi direttore dell’istituto superiore per la conservazione e il restauro. Gli interventi terminarono nel 2011. Quest’ultimo intervento l’indagine ha permesso di scoprire particolari minuti della fattura dei Bronzi. Inoltre ha messo in luce piccole crepe sui visi dei due guerrieri. Un’approfondita indagine ha permesso poi di valutare le percentuali esatte della lega utilizzata nel bronzo. Infine il materiale delle statue è stato ulteriormente preservato da fenomeni di corrosione.

L’esposizione con clima controllato presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria

La sede espositiva dei Bronzi di Riace
La sede espositiva dei Bronzi di Riace

Presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria i bronzi sono esposti in una sala con clima con controllato. L’umidità rimane al 40-50% e la temperatura costantemente mantenuta tra 21 e 23 gradi centigradi. Le sculture sono poggiate su avanzate strutture con un isolamento antisismico. Le basi sono costituite da due blocchi di marmo sovrapposti. All’interno Le superfici dei due blocchi sono scavati specularmente ricavando quattro calotte concave.

All’interno di queste calotte sono poste quattro sfere di marmo. Questa struttura permette così di proteggere le statue in caso di terremoto dalle sollecitazioni verticali e orizzontali. In relazione alla composizione strutturale delle due sculture che poggiano sulle sole due gambe statua dei Bronzi di Riace trovano come punto di maggiore vulnerabilità proprio i sostegni delle gambe. Terminato l’ultimo restauro i Bronzi sono tornati nel 2013 presso il museo di Reggio Calabria.

L’ambiente che ospita le due preziose sculture in bronzo propone una illuminazione diffusa che permette l’osservazione ottimale delle statue. Infatti le pareti bianche riflettono uniformemente la luce neutra che non è direttamente orientata. Il bianco, predomina su tutta l’architettura e non vi sono distrattori visivi all’interno della sala. Infine, le basi espositive dei guerrieri sono bianche e solo il pavimento è più scuro per offrire, visivamente, una solida superficie di calpestio che non interferisca con la fruizione delle opere. In tal modo le sagome scure degli opliti si evidenziano con grande monumentalità all’interno dello spazio, anche grazie alla distanza che le separa.

Consulta anche l’articolo intitolato: I libri utili alla lettura dell’opera d’arte.

Consulta anche l’articolo intitolato: La scheda per l’analisi dell’opera d’arte.

Lo stile dei Bronzi di Riace

L’autore delle due statue non è stato individuato e tra i nomi fatti emerge quello di Pitagora di Reggio che fu attivo tra il 490 il 440 avanti Cristo. Pitagora di Reggio fu l’autore di molte statue famose che si trovavano in Grecia e in Magna Grecia. Inoltre fu considerato il primo capace di rappresentare in modo realistico e dettagliato capelli e altri particolari anatomici come le vene della pelle.

La tecnica dei Bronzi di Riace

Particolare dei volti dei Bronzi di Riace
Particolare dei volti dei Bronzi di Riace

Durante i restauri sono stati individuati i materiali usati per creare i dettagli delle statue. L’argento forma i denti della Statua A e le ciglia dei due i volti. Il calcare compone le sclere dei bulbi oculari che necessitano di un materiale più chiaro. Le labbra sono di rame come le areole dei capezzoli.

Durante il restauro del 1995 i tecnici analizzarono attentamente il materiale di riempimento all’interno dei Bronzi. Scoprirono così con quale tecnica era stata creata la forma iniziale da ricoprire con il calco. Le figure risultano costruite attraverso la sovrapposizione di innumerevoli strisce d’argilla mista a peli di animale per renderla più manipolabile. I dettagli poi furono realizzati con cera.

La luce sulla scultura

La superficie dei bronzi è scura e lucida e assorbe la luce ambientale creando ombre profonde. Inoltre le parti rilevate sono messe in evidenza dalla luce riflessa. In questo modo si creano forti contrasti di luminosità. La luce direzionata permette di mettere in evidenza le masse muscolari, i capelli e le barbe che assumono una evidenza grafica.

Rapporto con lo spazio

I due bronzi sono esposti sopra un modesto basamento che permette di ammirare le sculture dal basso senza perdere la prospettiva naturale. Le statue sono modellate a tutto tondo e quindi apprezzabili da ogni prospettiva. Nonostante questo la visione frontale offre la possibilità di percepire la scultura come previsto dagli scultori dell’opera.

La struttura

I due bronzi sono raffigurati in una posizione detta chiasmo già presente in molte statue greche come il celebre Doriforo di Policleto. Inoltre la modellazione dei corpi determina la presenza di masse muscolari elastiche e vitali. In particolare il Bronzo A appare più nervoso e invece il Bronzo B più rilassato. Le braccia poi si distaccano decisamente dal corpo e creano un effetto di potenza e vigore. Probabilmente il braccio piegato sorreggeva uno scudo mentre la mano libera impugnava un’arma da taglio. La testa del Bronzo B è più piccola perché era coperta da un elmo corinzio.

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Bibliografia

  • Ranuccio Bianchi Bandinelli ed Enrico Paribeni, L’arte dell’antichità classica. Grecia, Torino, UTET Libreria, 1986, ISBN 88-7750-183-9
  • Antonietta Viacava. L’atleta di Fano, Roma, Edizioni L’Erma di Bretschneider, 1994. ISBN 88-7062-868-X.
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  • Paolo Moreno (a cura di), Lisippo : l’arte e la fortuna, Catalogo della mostra tenuta a Roma, Milano, Fabbri, 1995, ISBN 88-450-5738-0.
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I bronzi di Riace

  • Sergio Rinaldi Tufi, I Bronzi di Riace, Giunti Editore, Collana: Dossier d’art, 2014, EAN: 9788809995352
  • Alberto Angela, I bronzi di Riace. L’avventura di due eroi restituiti dal mare, Rizzoli, 2014, ISBN 978-88-17-07554-1.
  • Giuseppe Braghò, I Bronzi di Riace nei documenti ufficiali del ritrovamento, Meligrana Giuseppe Editore, Collana: Fuori collana, 2017, Brossura EAN: 9788868152703

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 3 giugno 2022.

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