Pothos di Skopas

Il Pothos di Skopas rappresenta una divinità minore dell’Olimpo greco caratterizzata dalla manifestazione del desiderio amoroso.

Skopas, Pothos, copia romana da un originale greco del 330 a.C. circa, marmo, altezza 180 cm. Roma, Musei Capitolini, Centrale Montemartini

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Indice

Descrizione della scultura Pothos di Skopas

La statua raffigura un giovane nudo appoggiato ad un sostegno che si trova alla sua sinistra. La testa del Pothos è piccola e rotonda dai contorni morbidi e i capelli incisi a formare delle piccole ciocche serpeggianti. Il braccio sinistro che non è quello della statua originaria era probabilmente disteso con l’avambraccio in alto. Il destro invece in origine stringeva un tirso dionisiaco formato da un bastone cinto di edera e pampini. Ai piedi del giovane è scolpito un animale acquatico.

Interpretazioni e simbologia della scultura Pothos di Skopas

Pothos è una divinità minore che incarna il desiderio amoroso. Il dio assume le forme di un ragazzo nudo appoggiato ad un supporto alla sua sinistra. Pothos guarda in alto con un’espressione sognante e rapita. Incarna infatti la passione per il desiderio amoroso lontano. Il Pothos di Skopas è rappresentato come un efebo dal corpo morbido e sensuale.

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La copia migliore del Pothos di Skopas realizzata in epoca romana è quella custodita presso la centrale Montemartini dei Musei Capitolini di Roma. Questa copia viene detta Pothos di via Cavour.

Le versioni più conosciute del Pothos si trovano ai Musei Capitolini e presso il museo del Louvre.

L’artista e la società. La storia della scultura Pothos di Skopas

Lo scultore Skopas scolpì il Pothos intorno al 330 avanti Cristo. Sono conosciute circa 40 repliche realizzate in epoca romana ed ellenistica della scultura greca originale.

Skopas realizzò questa statua in età matura. Si tratta di una delle poche opere sicuramente attribuite al maestro greco. Questa certezza deriva infatti dai racconti degli storici Pausania e Plinio. Secondo le cronache la statua era parte di un gruppo statuario insieme ad Eros e Imeros a Megara. Probabilmente era inserito anche in un altro complesso insieme ad Afrodite e Fetonte a Samotracia. L’archeologo tedesco Adolf Furtwangler nella seconda metà dell’Ottocento individuò alcune statue simili riconoscendole come copie dell’originale scolpito da Skopas.

Il ritrovamento del Pothos di Skopas dei Musei Capitolini

Il Pothos di via Cavour è definito così perché fu ritrovato in via Cavour nel 1940. È una copia di età adrianea dall’originale del IV secolo avanti Cristo. Gli archeologi scoprirono la domus all’angolo tra via Cavour e via di Santa Maria Maggiore, in seguito allo scavo per i lavori della metropolitana nel 1940. Furono ritrovati alcuni ambienti di una casa romana costruita durante l’età di Adriano.

Presso la centrale di Montemartini sono presenti due copie dell’originale greco. Quella integrata e intera è detta di via Cavour mentre l’altra è priva di testa, quindi acefala. La versione del Louvre è caratterizzata dall’assenza delle gambe mentre altre due sono custodite presso gli Uffizi di Firenze. La copia dei Musei Capitolini è stata integrata con frammenti di altre opere e viene definita Apollo con Cetra.

Il Pothos della Galleria degli Uffizi di Firenze

Il Pothos della Galleria degli Uffizi di Firenze
Il Pothos della Galleria degli Uffizi di Firenze

Skopas, Pothos, copia romana di età alto-imperiale da un originale greco del 330 a.C. circa, marmo greco, altezza 179 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi

Lo storico dell’arte Winckelmann ammirò questa statua nel 1755 a Roma. La scultura infatti al tempo si trovava presso la Galleria di Villa Medici sul Pincio. Winckelmann, considerato il fondatore dell’archeologia, identificò il soggetto come un giovane Apollo. Il giovane porta sul capo una corona di alloro. Ai suoi piedi si trova un uccello acquatico. Il pittore Raphael Mengs, nel 1780, propose di trasferire la statua dal Granduca Pietro Leopoldo a Firenze.

Nell’Ottocento gli studiosi di storia dell’arte abbandonarono le ricerche sulla scultura a causa delle numerose aggiunte e integrazioni di testa, braccia e piedi. Adolf Furtwängler agli inizi del Novecento confrontò le sembianze del giovane con alcune gemme incise. Riconobbe così che si trattava di ciò che rimaneva di una versione dell’iconografia che raffigura la divinità minore come concepita da Skopas di Paros. Alcuni storici ritengono ora che si tratti della copia realizzata da un allievo del maestro greco.

Consulta anche l’articolo intitolato: I libri utili alla lettura dell’opera d’arte.

Consulta anche l’articolo intitolato: La scheda per l’analisi dell’opera d’arte.

Lo stile della scultura Pothos di Skopas

La statua evidenzia le caratteristiche espressive dell’arte greca del IV secolo avanti Cristo. Oltre ad un certo realismo e alla sensazione di movimento, le figure esprimono un ripiegamento intimista. Il giovane dio infatti è raffigurato in un momento di solitaria intimità nella quale vive un momento carico di pathos.

Il pathos si può tradurre con sofferenza o emozione. Il pathos secondo il pensiero greco è una delle due forze che regolano l’animo umano e si oppone al logos cioè la ragione. In questa ottica il pathos è quindi la pulsione irrazionale dell’uomo. Il pathos inoltre può essere positivo o negativo a seconda del momento vissuto dal soggetto. Può spingere ad un’affezione dell’animo e quindi ad una partecipazione empatica con l’altro. Il pathos era poi legato alla realtà delle feste dionisiache e quindi ai riti misterici. In questo caso rappresenta gli istinti irrazionali profondi che uniscono l’uomo alla natura animale e lo separano quindi dalla divinità.

Il viso del Pothos di Skopas dei Musei Capitolini di Roma
Il viso del Pothos di Skopas dei Musei Capitolini di Roma

La base di appoggio esterna al corpo è tipica delle sculture di Skopas e di Prassitele. Anche in altre sculture degli stessi autori i personaggi sono inclinati e si appoggiano ad un sostegno artificiale come un tronco. Tipica caratteristica dei due scultori è poi quella di aver ottenuto una superficie estremamente levigata e con una muscolatura poco rilevata. Questo fattore avvicina la superficie del marmo all’apparenza della pelle umana. Anche gli occhi leggermente incavati e profondi sono tipici dello stile di Skopas.

Skopas di Paro

Skopas di paro fu uno scultore del IV secolo avanti Cristo originario dell’isola di Paros in Grecia. Lavorò praticamente su tutta l’area greca. Realizzò molte opere ma solamente poche delle sue sculture sono identificabili con sicurezza. Celebrò in particolare l’eroismo di tipo atletico e la forza emozionale. Questi modelli iconografici appartennero soprattutto alla tradizione di stampo aristocratico derivante dalle città del Peloponneso della Grecia centrale e meno della cultura delle polis di Atene.

Skopas seppe rappresentare nella scultura la tendenza all’espressione emozionale dell’azione e dell’esperienza umana che era stata concepita nel IV secolo avanti Cristo. Le sue sculture rappresentano la dimensione psichica con forme estrose ed energiche. Lo scultore raggiunse una notorietà tale per cui la dinastia di Mausolo gli commissionò la decorazione scultorea per il proprio monumento funerario.

La tecnica

Il Pothos di via Cavour è alto circa 180 cm ed è in marmo.

La luce sulla scultura

La luce ambientale scivola morbidamente sulla superficie del corpo della scultura. Non si creano quindi chiaroscuri profondi se non tra i capelli e nelle pieghe del tessuto.

Rapporto con lo spazio

La figura del giovane Pothos è atteggiata in una posizione rilassata e aperta verso lo spazio circostante. Infatti la postura naturale contribuisce a creare il giusto senso di realismo che permette allo spettatore di percepire la statua come parte del suo spazio fisico. La visione frontale offre la migliore lettura della figura scolpita.

La struttura

La figura del giovane Pothos è caratterizzata da forme sinuose ed eleganti. Infatti l’anca destra sporge a creare una curva oltre la vita a causa della posizione assunta. Invece quella sinistra è più rientrante ed è unita alla gamba leggermente piegata e accavallata a quella destra.

La statua è fortemente inclinata verso la destra dell’osservatore ed il peso del marmo è sostenuto l’appoggio che regge anche l’abito del giovane che scende dalla sua spalla sinistra. Inoltre il punto d’appoggio principale è rappresentato dalla pianta del piede destro e dell’avampiede sinistro sovrapposto all’altro.

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Bibliografia

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I bronzi di Riace

  • Sergio Rinaldi Tufi, I Bronzi di Riace, Giunti Editore, Collana: Dossier d’art, 2014, EAN: 9788809995352
  • Giuseppe Braghò, I Bronzi di Riace nei documenti ufficiali del ritrovamento, Meligrana Giuseppe Editore, Collana: Fuori collana, 2017, Brossura EAN: 9788868152703

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La data dell’ultimo aggiornamento della scheda è: 16 dicembre 2020.

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